Attivi dagli inizi degli anni 2000, Zeffjack è un’interessante band strumentale Emiliana dove la Provincia ha saputo fare la sua parte… Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con loro.
Ciao ragazzi! Come e quando è nato il progetto Zeffjack?
Sorridendo te la spieghiamo in breve: gli Zeffjack nascono nei primi anni duemila: due ventenni, due chitarre economiche, due Fender Roc Pro 1000 “inchiodati” sul canale distorto, un garage e zero voglia di abbassare il volume…
Come scrivete abitualmente i vostri brani? Di getto lavorate a lungo il materiale?
Di solito ci troviamo e proviamo a improvvisare a volte anche per ore, mentre lo facciamo non ci mettiamo mai dei paletti di nessun genere, dopo un po’ di tempo ci fermiamo e andiamo a riascoltare ciò che ne è venuto fuori, poi selezioniamo le parti su cui andremo a sviluppare la costruzione dei pezzi. Negli anni abbiamo visto che questo metodo dà risultati più “naturali” di quelli che ottenevamo, costruendo i pezzi, partendo dalle linee di un solo strumento alla volta; nel nostro ultimo album “Friendless” è stato aggiunto anche il tocco finale del nostro produttore “Ette” che ha arricchito il tutto e pare che il risultato sia piaciuto a un po’ di gente.
Musica strumentale nell’era dei singoli radiofonici? Ci piace! Scelta e necessità?
Diciamo che la necessità ci ha dato un alibi per fare la scelta… Per diversi anni siamo stati una band diversa da ora, avevamo una formazione tradizionale, con cantante e testi in italiano, a un certo punto dopo esserci trovati senza di lui, abbiamo riflettuto sul fatto che negli anni avevamo speso veramente molto tempo, nel consolidare la formazione della band; tempo che avremmo preferito spendere a suonare, creare e imparare. A quel punto il passo è stato breve e… liberatorio; lo scopo iniziale era quello di creare un Ep da portare in giro esclusivamente live, ci abbiamo preso gusto e ci siamo resi conto, che diverse persone ci facevano notare che riuscivamo a comunicare sensazioni, stati d’animo o semplicemente a far muovere la testa anche senza una voce, fare un album ci è sembrato poi il naturale sviluppo dei nostri sforzi.
Progetti per il futuro. Prossimo e remoto.
Ti capita mai di leggere sui giornali che da qualche parte, magari neanche tanto distante da casa tua, è stata trovata una bomba inesplosa? Per l’ignaro escavatorista è una giornata come una altra ma ad un certo punto trova qualcosa che rompe la sua routine… una bomba è una bomba, può avere 70 anni, può essere rimasta sepolta per anni ma se le dai la sua occasione fa sempre il suo dovere, i nostri progetti sono incentrati sul provare rompere la routine dell’escavatorista…
Provincia Emiliana. Che impatto ha avuto la scena locale e le realtà con cui vi siete confrontate, soprattutto all’inizio, sul vostro sound?
La provincia Emiliana dei nostri inizi è stata un incredibile piazza di spaccio musicale! i gruppi più famosi consideravano i locali delle nostre zone, delle tappe obbligatorie per i loro tour; il pubblico era sempre numeroso e chi aveva il coraggio di portare avanti un discorso professionale riusciva a guadagnare e a reinvestire nel proprio lavoro, dando spazio anche agli emergenti. Noi abbiamo vissuto quell’ epoca da attenti spettatori, anzi forse è più giusto definire ciò che eravamo, con la parola: “fedeli”; il concerto era una messa e tu ne uscivi intriso fino alle ossa di energia che poi provavi a riportare in sala prove.
Che idea vi siete fatti della scena italiana in questo momento storico?
Parlare di una sola “scena italiana” può essere controproducente se la si identifica solo con i “big” in rotazione sulle radio; esistono diversi “gironi” e lasciarne indietro alcuni piuttosto di altri, è secondo noi un errore, perché anche le minoranze contribuiscono, seppur in minima parte, ad alimentare l’indotto che gira intorno al mercato musicale. Se invece affrontiamo il discorso dal punto di vista artistico, è innegabile che negli ultimi anni il “nuovo pop italiano” ha il merito di aver legato a sé una parte di questa generazione di ragazzi, indicando loro un modo di parlare, vestirsi, ballare come non capitava da tempo e come del resto era successo alla nostra generazione con il grunge; sia chiaro, non si vuole fare nessun paragone fra i due generi ma rivedere un sano fervore ci fa piacere perché fa sicuramente bene alla musica italiana. Noi nel nostro piccolo speriamo sempre che questi nuovi gruppi facciano da ponte tra l’ascoltatore e una serie di gruppi italiani che adoriamo e rispettiamo ma che non hanno ottenuto la stessa notorietà.
Impatto della musica con il digitale. Pro e contro.
“L’ impatto”, quello vero, è avvenuto ormai quasi 10 anni fa, quello che vediamo oggi è uno scenario largamente previsto e paventato molto prima di allora, continuare a lamentarsi oggi dei “contro” non è sbagliato ma a volte fa strano, forse è tutta colpa di chi ha inventato gli mp3? O forse la colpa è di chi li ha usati in maniera “illegale”?. Etica e pratica si scontrano, è un discorso difficile da snodare se nessuno si prende le proprie responsabilità. Negli anni ‘90 la pirateria esisteva ma per quanto fosse demonizzata, aveva un impatto decisamente accettabile per le “casse” del mercato musicale, i musicisti e le case discografiche avevano un guadagno molto maggiore, che si trasformava anche in maggiore investimenti sugli artisti e sulla produzione della loro musica, però come contro, noi sedicenni, per ragioni economiche o di reperibilità, non avevamo tutte le possibilità di ascoltare qualsiasi artista ci venisse in mente… la nostra cultura musicale era forse più settoriale, avevi pochi cd, ed erano consumati per quanto li avevi ascoltati; eravamo degli affamati di musica. Oggi la situazione è sotto gli occhi di tutti… chi vuole diventare un musicista professionista, ha possibilità veramente minime di riuscirci e chi lo è già, deve fare salti mortali e forse anche morali, per continuare a portare avanti la professione che ama, come se non bastasse la musica intesa come vero e proprio prodotto, ha perso di valore economico, d’altronde chi pagherebbe volentieri qualcosa che può trovare gratis altrove? Qualcuno lo fa e merita il rispetto degli artisti. E il sedicenne di oggi? Può passare da “Ordinarypeople” di John Legend a “Turnover” dei Fugazi in pochi secondi; adesso è persino legale, perché ad un certo punto si è ragionato che se non puoi battere la pirateria conviene farsela amica… E’ fantastico perché si è aperto un mondo, le contaminazioni sono facilitate e molto più accettate di una volta, chi si vuole fare una cultura musicale oggi ha tutti i mezzi per farlo, a discapito però della “fame di musica”, è un bene? è un male? Noi non riusciamo a rispondere sempre in maniera univoca ma da ex sedicenni affamati oggi ci togliamo le voglie.
Perché Soundreef?
La domanda che ci siamo posti prima dell’iscrizione è stata un’altra, ovvero: “Perché no?”
Soundreef sino ad ora ci ha fornito chiarezza, puntualità, supporto, trasparenza e un trattamento assolutamente al pari di qualunque altro artista, senza farci percepire differenze tra chi muove grandi volumi di denaro e chi no; questa intervista ne è un ulteriore prova, Grazie davvero.
Inoltre ha un pregio che chiunque si rapporti al mondo della musica, dovrebbe avere: parla la lingua del nostro tempo.