Chi li ha visti dal vivo può testimoniare che i VeiveCura sono certamente una delle migliori band in circolazione in Italia. Abbiamo avuto il piacere di fare qualche parola con il fondatore della band Davide Iacono, che sta per iniziare un lungo tour in solitaria da Palermo a Lugano, andata e ritorno.
Ciao Davide, dai Veivecura al Tour in solitaria che ti aspetta nel prossimo periodo. Ci racconti un po’ il tuo percorso? Cosa hai fatto negli ultimi anni con i Veivecura?
Ciao! Il primo concerto di VeiveCura risale all’inverno 2008, con un pianoforte a coda aprivo il concerto di Moltheni nel teatro della mia città natale, Modica, in Sicilia. Da quel momento nei successivi dieci anni sono successe tantissime cose, ho assaggiato innumerevoli volte il sapore della strada, dei tour avventurosi e di quelli più fortunati, da Roma ad Amsterdam, da Berlino a Bruxelles. Adesso sono al lavoro su quello che non so ancora se sarà il quinto disco di VeiveCura o il primo di qualcos’altro, in questo sono affiancato da chi mi ha accompagnato negli ultimi anni: Puma, Scucces e Milo.
Nel frattempo, come accennavi, farò un lungo tour di concerti da solista, da Palermo a Lugano, andata e ritorno. Fondamentalmente sono due i motivi, il primo è portare il nostro ultimo disco “Me+1” anche in quei posti più piccoli e intimi dove per questioni tecniche non abbiamo potuto proporre il live con la band al completo. Il secondo è più personale, sto cercando nuovi stimoli e ho sentito la necessità di ripartire da me.
Il tuo live in solitaria. Cosa si deve aspettare chi verrà a vederti dal vivo?
Ho riarrangiato brani tratti dagli ultimi quattro dischi, due cover che amo tanto e un paio di canzoni su cui sto lavorando per il futuro. Saremo io, il pianoforte, il synth, la drum machine, la batteria e la loop station. La preparazione al live è stata piuttosto impegnativa, ho cercato il più possibile di allontanarmi dal concetto classico di performance solista. Ho lavorato ossessivamente alla stratificazione sonora grazie alle possibilità della loop station, ma cercando di non cadere nella semplice ripetizione, e il risultato finale mi soddisfa parecchio. La piccola anteprima siciliana è andata oltre le mie aspettative, quindi non vedo davvero l’ora di partire.
Questo Tour rappresenta un momento di svolta e l’inizio di una nuova fase o semplicemente un momento di pausa rispetto ai VeiveCura?
Non so bene come rispondere a questa domanda, nel senso che VeiveCura è sempre stata una realtà ibrida, non propriamente un progetto solista, ma nemmeno una band classica. Prendere una pausa da VeiveCura significherebbe prendere una pausa da me stesso, e non credo sia possibile. Se questo tour sarà un punto di svolta penso lo capirò solamente alla fine, di sicuro mi servirà per prendere coscienza di alcune cose che mi frullano caoticamente in testa da mesi, come ad esempio la scelta di continuare con questo nome oppure ripartire con un altro.
Scena musicale in Sicilia. Da fuori sembra una fucina di talenti. E’ realmente così? Come lo spieghi?
C’è stato un periodo, circa cinque/sei anni fa in cui la scena indipendente siciliana era in costante fioritura. Ricordo grandi apprezzamenti e importanti numeri con le prime uscite discografiche di Colapesce, Di Martino, Pan del Diavolo e Carnesi su tutti. Poi il cosiddetto indie è stato in parte inghiottito dal mainstream (The Giornalisti, Calcutta e Stato Sociale su tutti) e in parte da questo fantomatico It-Pop (Canova, Gazzelle, etc, etc etc). Certo, nell’ambiente girano più soldi, ma è un privilegio riservato a pochissimi musicisti, tra l’altro esclusivamente delle scene romane e milanesi. In quest’era di mode vivere e operare in Sicilia è molto difficile e coraggioso, per non dire folle.
Per quel che mi riguarda, come ho già detto in altre interviste, quest’isola mi ha dato tanto dal punto di vista delle ispirazioni, e altrettanto mi ha tolto dal punto di vista delle occasioni professionali.
Quali sono le cose più interessanti di questo momento storico da un punto di vista musicale? E non intendo necessariamente band, ma anche fenomeni, correnti artistiche, elementi compositivi, etc.
Bella domanda. Una corrente che ci sta attraversando e che mi intriga molto è quella che ripesca dal cantautorato italiano anni ‘70 e ‘80. E in questo secondo me impera in maniera indiscussa la nuova scoperta Giorgio Poi. Discorso a parte per uno di quelli che definisco “eroi musicali”, ovvero IoSonoUnCane, che è riuscito a ritagliarsi un suo ottimo spazio pur suonando delle canzoni non propriamente semplici al primo ascolto, quasi un miracolo coi tempi che corrono.
Detto ciò, anche se mi sforzo di cercare altre risposte, purtroppo non riesco a vedere molto di positivo ed entusiasmante nella situazione del nostro paese. Forse dovremmo un po’ tutti abbandonare l’ossessione del music-business che ultimamente ci ha inghiottiti e che ha secondo il mio modesto parere abbassato il livello qualitativo. Forse dovremmo ripartire dai contenuti.
Di cosa ci sarebbe bisogno per far crescere i live in Italia?
Come dicevo prima la situazione non è esaltante, se non per quei pochi che riescono a fare ancora i cosiddetti soldout. Si va per mode, e queste mode molto spesso sono dettate da adolescenti e post-adolescenti, e permettimi di dire che tutto ciò è terrificante.
Per far crescere i live in Italia ci vuole solo un minimo di gusto e intelligenza, lavorando dalle fondamenta. Ti faccio un esempio piuttosto lampante. Qualche settimana fa nella mia zona è venuto a trovarmi un caro amico, un cantautore americano. Ha suonato in un bel locale della provincia, uno dei pochi che ancora propone musica (e inedita). Peccato che davanti al palco ci fossero piazzati tanti tavolini dove la gente cenava mostrando scarso interesse per il concerto. Chi era venuto appositamente per il live si è invece ritrovato in fondo alla sala, fra i tavolini e il bancone pieno di gente che parlava a volumi esagerati. Risultato: artista insoddisfatto, pubblico scontento, e probabilmente anche la gente ai tavoli avrebbe preferito cenare senza una band rumorosa a pochi metri. Pochi giorni dopo ho deciso di organizzargli un house concert, ci tenevo a regalargli un bel ricordo. Ebbene, ho avuto cento richieste per un salotto che può contenere al massimo settanta persone. Tutti paganti, tutti in rigoroso silenzio, tutti felicissimi. Con questo voglio dire che l’arte va trattata in un certo modo, non è vero che non interessa a nessuno, le persone vanno semplicemente avvicinate in maniera adeguata. Bisogna seminare, nutrire, altrimenti non cresce nulla.
Progetti per il futuro.
Entusiasmarmi ancora per qualcosa, cercare l’ispirazione, registrare l’ennesimo disco diverso da quello precedente. Sognare, resistere.
Perché Soundreef?
Perché è un’impresa da premiare. Ci ha tirati fuori da un monopolio insopportabile ed in cambio abbiamo ricevuto trasparenza, semplicità, efficienza e reale monetizzazione.
Vi abbraccio.
Grazie mille Davide e in bocca al lupo!