La ‘Make Your Soundreef Night’ del 31 marzo al Lanificio159 di Roma si avvicina. Noi ne approfittiamo per fare due chiacchiere e conoscere meglio i protagonisti scelti dal pubblico per salire sul palco. Ecco cosa ci ha raccontato Carlo Alberto Moretti dei Vanbasten.
Ciao Carlo Alberto, come nascono i VANBASTEN?
Siamo tre bastardi. Non siamo nient’altro che quello. Non apparteniamo a nessun retaggio musicale, è come se noi tre fossimo stati da soli a mangiare dalla stessa ciotola per anni. Lontani da tutto e da tutti. Non abbiamo avuto gruppi precedenti e non abbiamo mai un amico d’infanzia a cui far ascoltare le nostre canzoni perchè a loro non frega un cazzo della musica. Noi veniamo dal buco nero dell’anti-musica, dove crescono i disperati e i tossici, i frustrati e gli alcolizzati; dovremmo dire che al liceo ascoltavamo la prima ondata indie? Dovremmo dire andavamo ai concerti punk a 16 anni? Oppure che entravamo al Giulio Cesare con la chitarra in spalla? No, assolutamente. Noi giravamo per Roma senza fame di niente, senza voglia di fare niente. Non eravamo affamati di cultura, ne ci chiudevamo pomeriggi su un assolo. Noi eravamo terribilmente accecati dalla rabbia, noi eravamo punk e nemmeno lo sapevamo. Noi giocavamo a pallone, poi dopo un po’ c’è stata anche la musica, ma noi siamo quelli della strada non quelli delle schitarrate in compagnia: sia chiaro.
Che novità avete in serbo per il prossimo futuro?
Vogliamo suonare il più possibile ed aprirci la strada per l’uscita del disco vero e proprio; visto che come primo lavoro abbiamo rilasciato un EP di 5 pezzi. Vogliamo scrivere una canzone di Natale. Vogliamo essere in salvo e non vorremmo più dover contare gli spicci per il caffè. Vogliamo suonare. Vogliamo suonare. Vogliamo suonare. Appena prima della rassegna Make Your Soundreef Night uscirà il nostro secondo singolo, il video sarà girato dalla giovanissima e talentuosissima Alessia Stranieri. Vogliamo suonare.
Che cosa si deve aspettare il pubblico il 31 marzo al Lanificio dal vostro live?
Promettiamo 15 minuti tutti d’un fiato. Come una revolver sputeremo una dopo l’altra le canzone del nostro primo EP. Faremo partire il cronometro e l’adrenalina che serve, non staccheremo mai; non molleremo niente.
Che idea avete della scenda indipendente in Italia?
Noi veniamo dalle strade; queste elucubrazioni restano dolci ai più borghesi. L’unica vera risposta è @The Scene Is Not Dead.
Quali sono secondo voi le caratteristiche positive ed i limiti di quest’epoca a livello di scena musicale e di organizzazione di eventi?
Non si può suonare e basta? Non si riesce proprio a non farne una ragione culturale e tradizionale? Siamo nati per vivere il nuovo millennio e ci crogioliamo soltanto nella pigro attaccamento ai costumi di un’epoca che ormai è passata, continuiamo a fare riferimento a culture diverse con scene diverse e modi di comunicare differenti dai nostri. Le caratteristiche, positive o negative che siano, vanno accettate e plasmate a propria immagine, ma credo che effettivamente sia più semplice credere che le cose non funzionino per morire tutti insieme nel dolce alibi del perdente perfetto.
Parliamo di diritti d’autore: quale è la vostra esperienza a riguardo? Che cosa dovrebbe o potrebbe cambiare secondo voi? Cosa pensate della proposta di Soundreef che sfrutta le tecnologie per ripartire le royalty in modo analitico, veloce e trasparente?
In questa sede sembra fin troppo autoreferenziale e ruffiano fare i complimenti a Soundreef, ma se li merita anche tutti. Soundreef è un esempio perfetto di come nelle difficoltà chi apre gli occhi possa riuscire a fare di necessità virtù; è un sistema pratico, intuitivo, funzionale, rapido, concreto e accessibile, è il frutto di un’ottima idea realizzata meglio, Soundreef è sicuramente il futuro delle royalty, sopratutto per i musicisti emergenti.
Grazie mille Carlo Alberto!