“La complessa semplicità delle sue storie arriva dritta al cuore, come fosse un piccolo Carver siciliano. Il tutto fra occhi bassi e sogni, Wilco e Gin Lemon, colloqui andati a male, cd masterizzati dei National, curricula sempre più lunghi e aspettative sempre più corte.” E’ ciò che dicono del cantautore Siciliano Stefano Alì, che ha pubblicato lo scorso anno con Woodworm l’album “Facciamo niente insieme”.
Ciao Stefano, come e quando inizia il percorso in musica di Alì?
Il percorso è partito nel 2011. Cominciai a scrivere quasi di getto l’intero primo album (La Rivoluzione Nel Monolocale/La Vigna Dischi), dapprima registrando un paio di brani per un ep e successivamente l’idea di realizzare un disco. Tanta voglia di giocare con i suoni e le parole, avvalendomi della collaborazione di alcuni amici.
Come è nato “Facciamo Niente Insieme”? Ci sono episodi che secondo te hanno caratterizzato l’album?
Dopo l’uscita del primo disco e tanti concerti iniziai a prenderci gusto sul serio, così decidemmo con Raimondo Ferraro (produttore esecutivo) e Lorenzo Urciullo (produttore artistico) di provare a ripetere l’esperienza. La composizione di “Facciamo Niente Insieme” è nata nel 2014, a mio parere più maturo del primo e con una ricerca del suono più attenta, mantenendo allo stesso tempo un approccio semplice e spontaneo, come piace a me. All’interno trovi semplicemente delle storie cantate, a voce bassa, tranquilla. In futuro mi piacerebbe urlare.
Quali sono le tue principali influenze? In una recente recensione su Rockit vieni associato a Luca Carboni. Ti ci ritrovi?
In realtà non ho particolari influenze, vado a periodi. Ultimamente sto divorando “Malibu” di Anderson Paak e “Blonde” di Frank Ocean, di roba italiana mi sono piaciuti Salmo, Motta e Cosmo.
Con Carboni c’è un affetto legato ai ricordi d’infanzia, mi rivedo nel suo modo di cantare, quasi forzato, stanco.
La Sicilia ha da sempre un ruolo di primo piano nella scena musicale italiana. Come lo spieghi?
La carne di cavallo, la granita di mandorla, gli arancini, la pasta con le sarde, i cannoli, il pistacchio di bronte, le panelle, la cassata, la scacciata con tuma e acciughe e tanto altro. Non c’è altra spiegazione.
Come mai hai scelto Soundreef? Come ti trovi?
C’è un rapporto immediato con i responsabili, gentili e disponibili, iscriversi è semplicissimo, oltre che gratuito e veloce. I gestori dei locali poi non devono sostenere cifre importanti per ospitare un concerto. La trasparenza d’informazione è alla base, gli autori hanno un account online dove visualizzano esattamente il luogo del concerto, quanto hanno guadagnato e quanto verrà pagato. Credo basti per capire di cosa stiamo parlando. Passare a Soundreef dovrebbe essere naturale per un musicista.