Esce oggi ‘Buone Maniere per Giovani Predatori’, l’EP di esordio di una delle grandi promesse della scena italiana, i Sorrowland. Venerdì prossimo porteranno i brani dell’EP live per la prima volta in occasione di Asian Rave. Abbiamo avuto il piacere di intervistarli.
Ciao ragazzi, come e quando nascono i Sorrowland?
In realtà ci siamo conosciuti da piccoli: eravamo tutti e tre nella stessa casa-famiglia, praticamente quello che una volta si chiamava “orfanotrofio”. Col tempo ci siamo persi di vista, perché tutti i bambini venivano affidati a famiglie o altri centri, e siamo riusciti a rientrare in contatto solo nel 2017, perché uno di noi (ndr. Vipra) aveva riadottato il cognome dei genitori naturali e non riuscivamo a trovarlo. Da lì abbiamo scoperto che lui aveva iniziato a scrivere testi, Osore aveva studiato sound design e Tremila stava lavorando come direttore creativo. Non ci vedevamo da quindici anni, ma in qualche maniera ci siamo trovati a condividere molto sul piano creativo, forse proprio in virtù dell’esperienza comune avuta da piccoli.
‘Facebook’, il vostro singolo. Cosa significa per voi? C’è qualche storia che ha segnato la nascita del brano?
Approfittarsi di un “innocente” per la propria gratificazione sembra una cosa orribile, ma in realtà succede di continuo. L’approvazione pubblica per alcuni ormai è una questione di sopravvivenza, quindi ci siamo divertiti a immaginare questa specie di cannibalismo. Gente che fa un figlio solo per prendere like, e continuare a esistere: ne abbiamo parlato solo per rendere un’idea di disperazione. Non c’è nessun giudizio dietro, è solo il modo che hanno alcuni per andare avanti.
Scrivere musica. Come nasce un brano dei Sorrowland? Esiste un modus operandi che ritorna nella vostra scrittura? Date priorità alle liriche o alla tessitura musicale?
Non abbiamo un modo o un piano stabilito, infatti anche la nostra produzione è piuttosto schizofrenica. Uno dei punti che ricorrono ogni volta sicuramente è un rito attraverso il quale evochiamo un demone maggiore che ci ispiri con visioni provenienti da altri mondi. Molti ci hanno già illuminati con la loro saggezza: Belial, Adramelech, persino Abaddon. Il rito varia di volta in volta ma spesso richiede un sacrificio. Vipra poi controlla spesso su internet che qualcuno non abbia già usato una rima, un incastro, o una parola chiave che vuole inserire nel brano.
Parliamo di ‘Buone Maniere per Giovani Predatori’ il vostro EP di debutto in uscita oggi…
Fate finta di aver trovato un diario per strada. In quel diario sono descritte dettagliatamente tutte le pratiche che un sociopatico usa per attirare le proprie vittime, per avere la loro obbedienza, per ucciderle e mangiarle. Ma ci sono anche i suoi momenti di lucidità, quelli in cui si sente abbandonato e diverso, o ricorda cose che non torneranno più. Alcuni lo potrebbero prendere per un lavoro di fantasia, tipo la bozza di un romanzo, altri potrebbero spaventarsi, o non capirci niente, altri ancora potrebbero sentirsi così vicini all’autore da provare a seguire il suo esempio. ‘Buone Maniere per Giovani Predatori’ funziona esattamente così.
Fenomeno Trap: pro, contro ed effetti collaterali. Qual è il vostro punto di vista sulla scena? In Italia e non solo.
La trap in sé non ha niente di positivo o di negativo: non ha “rovinato” niente e non ha “salvato” nessuno, è solo il risultato di un cambiamento di linguaggio. Sicuramente è un po’ triste che a una prima fase di sperimentazione e novità ne sia seguita una molto più lunga in cui l’imitazione reciproca è stata il centro di tutto. Ma anche questo è normale, è successo con qualsiasi genere. In Italia abbiamo punte di qualità che non si limitano più al panorama nazionale, artisti che hanno cambiato una parte della cultura popolare, e un mare di gente poco originale che si scanna per dieci ascolti in più. E tutti giocano ad essere dei Giovani Predatori.
Come si collocano i Sorrowland rispetto all scena Trap?
I Sorrowland non si collocano, semplicemente. A noi non interessa essere in una “scena” musicale, il nostro progetto non nasce con l’idea di inserirsi in un movimento più ampio. La nostra musica ha moltissime sfaccettature, sicuramente ci puoi trovare dentro della trap così come molti altri generi. La verità è che se se sei un artista degno di tale nome è probabile che tu faccia musica per esigenze espressive personali, politiche o al massimo generazionali. Se sei mosso da motivi che per te sono importanti, la necessita di essere incasellato in un genere è del tutto irrilevante, anzi, alle volte risulta essere un qualcosa di vagamente fastidioso.
Come è nata la sinergia con Asian Fake?
Abbiamo avuto contatti con diverse label prima di incontrare i ragazzi di Asian Fake. Ci hanno da subito incuriosito perché sono una realtà nuovissima che come etichetta ha conseguito dei risultati notevoli in breve tempo. Inoltre hanno una struttura abbastanza “fluida” che riesce ad accogliere le varie sfaccettature del nostro progetto (non senza difficoltà, siamo dei tipi abbastanza complicati) e a far fronte alle nostre proposte in ambito artistico.
Perché Soundreef?
Per numerosissimi motivi: in primis per ragioni di convenienza inerenti alle modalità con cui vengono erogati i proventi dei diritti, poi per la possibilità di gestire e monitorare tutto attraverso un’interfaccia online dedicata, ed altre cose. Inoltre, cosa per noi non indifferente, per il lato umano. I ragazzi di Soundreef sono sempre stati disponibilissimi nel rispondere alle nostre domande e a fornire assistenza quando necessario, e ci siamo anche resi conto che seguono realmente il nostro progetto e sono sempre aggiornati su tutto quello che facciamo.