Saranno tra i protagonisti del Rome Psych Fest, uno dei festival più ‘Europei’ sul territorio Italiano, che si terrà il 9 e 10 novembre a Roma negli spazi del Monk. Si chiamano Sacramento. Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con il fondatore della band, Stefano Fileti.
Ciao Stefano! Come e quando nascono i Sacramento?
Ciao! Sacramento è un progetto che avevo in cantiere da un po’ di anni. Trasferitomi a Milano, dopo tre anni di gelo a Copenaghen, ho iniziato a sviluppare alcune idee in sala prove insieme a Stefano al basso e Alessandro alla batteria. Ci siamo trovati subito bene e a breve siamo diventati una band con delle “serissime” intenzioni….
Indie, psichedelia, synth e riverberi. Come nasce il vostro immaginario musicale? Come lavorate abitualmente sul nuovo materiale? E come nasce di solito l’input per un vostro brano?
Nasce sempre in vacanza. Quando suoniamo ci estraniamo dalla nostra condizione quotidiana e ce ne andiamo in vacanza. E così la musica fa da colonna sonora alla nostra vacanza o comunque al nostro momento di svago. Qualunque esso sia, una partita a biliardo, una serata al bowling, una serata a casa di amici a giocare a poker.
Registro un’idea in cameretta, la mando ai ragazzi in chat. Se piace, ci vediamo in sala prova e facciamo diventare l’idea in un vero e proprio brano arrangiato e definito alla nostra maniera. Senza perderci troppo tempo in ogni caso.
Quali sono i vostri prossimi progetti?
Direi che viviamo alla giornata. Non abbiamo dei progetti a lungo termine, siamo consapevoli che la strada per far conoscere la nostra musica a più gente possibile è molto lunga. Sappiamo che ci piace suonare dal vivo, vorremmo incrementare l’attività live sempre di più tanto da poterci sentire a casa in ogni città in cui andremo a suonare. Diciamo che in 400/500 anni potremmo riuscirci.
Infine vorremmo che tutte le giovani band al concerto della giornata dell’arte (esiste ancora la giornata dell’arte?) di fine anno scolastico portassero almeno una cover dei Sacramento.
A parte questo, vedremo di fare uscire un album a breve.
Cosa deve aspettarsi chi non vi ha ancora visto suonare dal vivo? Cosa portate sul palco?
Non aspettatevi un concerto sofisticato con suoni rifiniti, una produzione impeccabile e nessuna sbavatura. Non aspettatevi outfit alla Baustelle, non aspettatevi luci palco alla Cosmo. Non succederà mai, anche perché non abbiamo i soldi e se anche li avessimo, li spenderemmo in pizze, gelati e viaggi al mare con mille amici. Cosa più importante, aspettatevi di conoscerci tra un pezzo e un altro. Moriamo dalla voglia di conoscere tutte quelle persone che hanno deciso di venire a vederci dal vivo
A novembre sarete tra i protagonisti del Rome Psych Fest al Monk di cui Soundreef è partner. Che tipo di Festival vi aspettate? Conoscete gli artisti in line up?
Ci fa molto piacere che Soundreef promuova eventi del genere. La line up è molto figa e siamo onorati che Sacramento sia in cartellone insieme ai Dead Meadow che seguiamo da anni e agli Ought che spaccano, ma anche alla nostra Any Other che merita molto. Per questa occasione sarò sul palco da solo, proverò a non far sentire troppo la mancanza di Stefano, Alessandro e Alice (synth) proponendo un live un po’ più intimo rispetto al solito. Io, la mia chitarra e un paio di effetti marinati in pedale. Al Monk mai stati, ma tutti ne parlano bene e quindi non vedo l’ora.
Scena in Italia. Quali sono i punti di forza della scena indipendente in Italia in questo momento storico?
Domandone! Non so, sono un po’ combattuto, trovo che la musica italiana indipendente sia cresciuta molto negli ultimi anni e che grazie a questo sia stata in grado di portare sempre più gente a riempire i club ad ogni concerto. C’è un interesse di gran lunga maggiore alla musica dal vivo rispetto agli anni passati. E soprattutto a favore di artisti che propongono musica italiana di alto livello.
Dall’altro canto mi sembra che questa scena si stia accomodando un po’ troppo su sé stessa, si sia chiusa entro i confini del nostro Paese, isolandosi dal resto del mondo. Mi sembra sia un trend in qualche modo connesso alla situazione socio-politica che interessa il nostro paese al giorno d’oggi. “Chiudiamo i confini, innalziamo muri” o cose del genere….. Ma speriamo mi sbagli.
Industria musicale e impatto con il digitale. Pro e contro.
Ci sarebbe da fare un bel discorso a proposito, ma cercherò di limitarmi.
Siamo cresciuti col walkman e in una condizione in cui potevi ascoltarti uno o massimo due album al giorno o addirittura alla settimana. Ti portavi due cassettine al massimo (Tears for Fears e Joy Division per esempio). La musica indipendente era un lusso per pochi. Ti dovevi fidare del tuo negozio di dischi.
Adesso è tutto cambiato. Si ha accesso a qualsiasi tipo di musica, di ogni genere e di ogni provenienza. In un solo giorno, puoi ascoltarti quanti più album vuoi in qualsiasi momento della giornata. Quindi è tutto molto più accessibile sia per il musicista arrivare agli ascoltatori e costruirsi una fan base che per l’ascoltatore arrivare alla musica.
L’unico problema è che non viene valorizzato il lavoro dell’artista. C’è tanta roba, troppa, un sacco di musica che viene “consumata” molto velocemente e molto velocemente può essere altrettanto dimenticata. Forse è per questo che siamo un po’ restii a fare uscire un album intero. Meglio imboccare l’ascoltatore track by track.
Perché Soundreef?
Era ora che qualcuno mettesse i bastoni tra le ruote a SIAE. Avendo il monopolio, non aveva bisogno di giustificare il proprio lavoro ed essere del tutto trasparente, l’artista non aveva comunque scelta in Italia.
Con l’arrivo di Soundreef si ha una consapevolezza maggiore nella tutela della proprietà artistica e intellettuale. Mi sembra sia nato come un organo più genuino e non corrotto che metta a disposizione degli artisti una serie di strumenti con cui tracciare la raccolta delle proprie royalty in assoluta trasparenza.
Se riusciamo anche a conoscerci, non sarebbe male. Così vi vedo anche in faccia :))))