Una rubrica di ‘reportage’ per raccontare a fondo i nostri autori e il loro mondo, a cura di CTRL magazine.
“Autori, luoghi ed altre storie” comincia con Davide Combusti, in arte The Niro.
Reportage a cura di Giorgio Moratti
Fotografie di Nicola Carrara
“E’ come se fosse scoppiata una bomba atomica qualche anno fa e tutto fosse rimasto uguale”.
Roma si presenta sotto forma di due caffè e due brioche al cioccolato, proprio come ci aveva lasciato la stazione di partenza. Il cioccolato è diverso da quello di cinque ore prima. Lo constatiamo entrambi come degustatori professionisti di colazioni, abituati a viaggiare per ore al fine di recensire brioche. L’impressione è che sembri più vero, indiscutibilmente cioccolato. A qualche fermata di metro di distanza, nei pressi di un tabaccaio sulla Circonvallazione Boccea, oggi più trafficata del solito, Davide cerca di cambiare compagnia telefonica. Ha un problema con il suo operatore, arrivano bollette esagerate e non prende nemmeno bene dove abita ora, a circa 40 minuti a piedi da dove ci sta aspettando in auto.
Ci scrive che dobbiamo andare dall’altra parte rispetto alla piazzetta dedicata agli interpreti delle situazioni di contrasto dell’Antica Roma, Piazza dei Giureconulti. Noi interpretiamo male le sue indicazioni e piacevolmente ci perdiamo. C’è un’Apecar color celeste, piena zeppa di fiori e lì accanto una suora di colore che pazientemente ne cerca il proprietario. Ha già scelto il suo mazzo di fiori e lo tiene saldamente in mano, deve soltanto comprarlo. Che purtroppo non sia lei il venditore lo si capisce dai primi segnali di impazienza pronunciati in dialetto romano.
Un angolo del Quartiere Villa Gordiani, dove Davide ha vissuto fino ai 12 anni
Fa caldo a Roma.
E’ il 13 giugno. 10 giorni fa il Real Madrid vinceva la sua dodicesima Champions League ed esattamente 61 anni fa vinceva la prima edizione della Coppa dei Campioni. Nello stesso giorno del calendario, Umberto II di Savoia lasciava l’Italia, i Beatles salivano per l’ultima volta alla posizione numero 1 della classifica con The Long and Winding Road, Michael Jackson veniva proclamato non colpevole e la sonda spaziale Pioneer 10 diventava il primo oggetto a lasciare il sistema solare. Davide ci aspetta in auto.
Anche se non ci siamo mai visti prima, ci riconosce. Attraversiamo la strada agilmente senza trovare sguardi di sfida fra gli abitacoli delle auto in costante e lento movimento. Roma continua ad avere il sapore del cioccolato buono. Saliamo sull’auto di Davide mentre è impegnato nelle fasi finali di una conversazione telefonica in viva voce. È al telefono con Francesco Arpino, un suo amico cantautore. I saluti a conclusione della telefonata si confondono con i nostri saluti iniziali. Semaforo arancione e poi rosso. Via libera agli sguardi rilassati soltanto intravisti prima di essere inglobati nel pellegrinaggio verso lo STOP.
Lo riconosco Davide, in arte The Niro, ascoltavo spesso Liar nel 2008.
Ai tempi pensavo che fosse americano, inglese, comunque straniero, c’era pure la pubblicità del suo disco in TV. Davide invece è nato a Roma e lì ha voluto restare finora nonostante le bombe atomiche cadute in città. Viaggiando in auto i crateri si vedono, si sentono, a un certo punto si apprezzano ma chi ha un treno di ritorno alle 18.45 non può avere voce in capitolo.
“Scrivevo su un quotidiano prima di diventare The Niro e fare il musicista a tempo pieno. A me piaceva scrivere di politica ma mi occupavo soprattutto di cronaca nera”.
Nel frattempo passiamo davanti a quello che mai fu l’Auditorium di via Albergotti, ancora scottato per via della sua mancata inaugurazione.
Davide sotto la sua vecchia casa, davanti alla porta di calcio / officina del quartiere
La nostra prima meta è Villa Gordiani, il quartiere dove Paola Spano, parrucchiera e Giordano Combusti, operaio all’Ansaldo di Pomezia, hanno vissuto finché Davide ha compiuto i dodici anni. “Io abitavo in questo palazzo al primo piano. Qui dove c’è l’officina si giocava a calcio e se il pallone finiva oltre il cancello non era un problema perché il figlio del meccanico giocava insieme a noi. Si scavalcava e si ricominciava a giocare”. Probabilmente in ogni città, in ogni paese, in ogni quartiere, il figlio di un meccanico ha giocato a calcio di fronte all’officina del padre. “Un giorno stavo correndo in quel parcheggio, dall’altro lato della strada. Scappavo da alcuni amici che mi inseguivano. Eravamo dei ragazzini. Ho visto un uomo piegato su se stesso che sembrava stesse riparando un furgone bianco da tempo abbandonato lì”.
Il parcheggio è rimasto un parcheggio e anche i suoi abitanti danno l’idea di non essere troppo cambiati.
Il furgone bianco parcheggiato per anni al solito posto e che in tanti quotidianamente sembravano voler riparare ora non c’è più e alle ore 12.00 di questo martedì nessun uomo si sta improvvisando meccanico. Nemmeno 28 anni fa quell’uomo stava riparando il furgone, era uno dei numerosi tossici che abitavano il parcheggio. Il campanello fra ingenuità e realismo, dalla memoria di Davide, si è stampata nel 2008 sul testo di Cruel, traccia 5 del primo album di The Niro.
“Il furgone bianco sembrava enorme ma non grande abbastanza da nasconderlo. Lo potevo vedere ma lui nemmeno mi ha notato”.
Traduzione di un passaggio di Cruel, The Niro, 2008.
In penombra un uomo non si sta improvvisando meccanico
“Da piccolo suonavo la batteria, come mio padre. Io ho cominciato anni dopo che lui ha smesso e oggi in studio uso ancora la sua batteria. Mi ricordo che andavo a sentirlo suonare nei locali di Roma ma ero così piccolo che a un certo punto della serata univo due sedie e mi accovacciavo sopra addormentandomi cullato dalla musica, anche se non era proprio musica da camera”.
Nei pressi di quella che fu la casa della famiglia Combusti c’è il parco Villa Gordiani dove Davide ha assistito al primo concerto della sua vita, si esibiva Fausto Leali.
Fra la sua casa e il parco c’era un negozio di dischi.
Lo cerchiamo per vedere se ancora esiste. Resiste. La porta d’ingresso è molto pesante. Spingendo senza investire troppa energia non si apre ma, scrutando gli orari di apertura, intravediamo all’interno due persone: un signore quasi anziano e una ragazza dietro al bancone che si sbraccia per farci capire che il negozio è aperto. La porta si apre, bastava spingere un po’ di più. “In questo negozio ho comprato le prime cassette. Non le ricordo esattamente tutte ma sicuramente è qui che ho comprato Thriller di Michael Jackson, una cassetta di Madonna e forse qualcosa di Jovanotti, anzi sì, conteneva Gimme Five, era il suo primo disco”.
Le cassette non ci sono più ma il venditore è sempre lo stesso degli anni ‘80. “Sono in questo posto da quasi 30 anni” ci dice con un espressione che si muove fra la soddisfazione e la stanchezza. “Un tempo vendevamo dischi e cassette ma ormai da tanti anni siamo passati agli strumenti musicali, soprattutto chitarre”. Il passaggio dai dischi agli strumenti ci fa riflettere e ci sorprende. È come se quel signore volesse dire “Hai ascoltato musica per tanti anni, ora suonala, falla”.
Il Signor Mariano e il negozio di musica di Villa Gordiani
Davide ha un basso nella sua auto. Deve portarlo a suo padre.
Oggi, per una bellissima coincidenza, dopo quasi 40 anni, Giordano Combusti ricomincia a suonare. Un componente della band con la quale il Signor Combusti ha suonato fino ai primi anni 70 torna a Roma. Il basso è per lui. Più di 40 anni fa si è trasferito in Francia e in occasione del suo ritorno ha insistito affinché si organizzasse la reunion dei Centauri, questo il nome della band.
“È l’unico che ha continuato la carriera musicale. In Francia suona ancora ed è anche produttore. Ha pure scritto la versione francese di Rosso Relativo di Tiziano Ferro, mi pare”.
La notizia della reunion dei Centauri proprio in questa giornata scalda ulteriormente l’atmosfera e, ripresa l’auto bollente in direzione Quartiere Capannelle Villaggio Appio per portare il basso al padre, la sensazione è quella di essere grandi fan dei Centauri, in viaggio-missione verso il loro primo concerto dopo 30 anni di attesa, portando uno strumento per la band.
Davide al volante, verso l’immaginario concerto dei Centauri
Nel tragitto scopriamo che Roma è la capitale con più verde pubblico in Europa.
Non ne vediamo traccia nella zona in cui cerchiamo qualcosa da mangiare prima di continuare la nostra visita, ma non importa e parliamo di fiori.
“Sanremo è stata un’esperienza aliena. Avevo anche la febbre. Ho cercato di ingannarla giocando al casinò la sera prima del festival, come se niente fosse ma lei non ci è cascata. È durata cinque giorni ma tutto sommato il Festival è andato molto bene. C’era gente che chiedeva l’autografo a chiunque, anche a me che per la maggior parte delle persone ero uno sconosciuto. Molti musicisti erano indispettiti e passavano oltre. Io lo facevo con piacere. Mettere la mia firma sullo stesso quaderno, con i fogli ormai ingialliti, sui quali c’era la firma di Nilla Pizzi, Al Bano e Claudio Villa mi divertiva parecchio”.
Davide ci racconta che insieme allo staff della sua etichetta discografica aveva scelto la canzone che avrebbe partecipato a Sanremo chiudendo gli occhi e puntando il dito. Era uscita 1969, traccia che avrebbe dato il nome all’album, il primo di The Niro tutto in italiano. “La Universal mi aveva chiesto di scrivere in italiano ma lo ha fatto senza insistenza. Mi hanno lasciato sempre libero di fare e sperimentare. Non riuscirei a fare musica se avessi pressioni dall’esterno. Mi sentirei un prodotto invece che un artista”.
Il caffè rende la giornata ancora più calda ma questa volta l’auto di Davide non ci porta in un quartiere residenziale.
L’autoradio non sente i crateri che percorriamo e riproduce senza interferenze i pezzi del prossimo album di The Niro.
Uscirà fra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo: sarà un album di confine, lo sarà anche nel nome. La melodia è perfetta per il momento, rispecchia il relax di tre viaggiatori con la pancia piena, il vento che passa dai finestrini aperti e la tranquillità del primo pomeriggio di una giornata in cui sicuramente non pioverà. “Ascolto spesso la mia musica mentre guido e non me ne vergogno. Deve piacermi anche quando la ascolto distrattamente”.
Ci muoviamo verso il Gianicolo, uno dei colli di Roma che non fa parte dei sette colli di Roma che si studiano a scuola.
“Da qui posso guardare la mia città ma starne allo stesso tempo un po’ lontano. Amo Roma ma ogni tanto ho bisogno di saperla lontana”.
Davide sulla sua collina
Davide ha sempre pensato che quello che voleva fare nella vita, il musicista, lo avrebbe potuto fare in Italia senza dover scappare.
Non la pensava nello stesso modo la ragazza che nel 2007 insisteva affinché se ne andassero insieme a Londra. “Ho scritto una canzone che riguarda questa vicenda, l’insicurezza di questa decisione e questa collina. Si chiama On Our Hill, sulla nostra collina”.
“È mattina, i clown stanno andando a dormire e io cerco seriamente di parlare col cocchiere: portami via dove non posso scivolare più, un giorno ho perso il controllo e il mio treno se ne è andato”
Traduzione di un passaggio di On Our Hill, The Niro, 2008.
Attorno a noi diversi disegnatori di paesaggi, due chioschi di “bibite – dolciumi – frutta secca – olive e fusaje” e un teatrino di burattini che riporta la scritta “Non tirate i sassi. Questo spettacolo sopravvive per le generose offerte del pubblico (non fatelo morire). Grazie”.
Oltre le mura e gli alberi, Roma ci regala in un colpo d’occhio la sua bellezza e la sua follia.
Guardando in direzione San Pietro, un palazzo rosa nasconde una minuscola porzione della Basilica. Lì da pochi mesi vive Davide ma solo provvisoriamente. Lo ospita Daniele Tortora, amico e grande fan di Star Wars. L’arredamento non mente. Daniele sarà anche il nuovo produttore di The Niro insieme a Roberto Procaccini con cui Davide lavora dal 2005.
“Nel 2002 Gianluca Vaccaro è stata la prima persona a credere in me. Da poche settimane non è più con noi, una lunga malattia lo ha portato via. Insieme a Roberto resta la persona più importante che ho avuto accanto ed è grazie a lui che ho potuto realizzare il sogno di vivere con la musica”.
L’impressione di fresco che si respira mentre entriamo in casa è soltanto una breve sensazione. In quella che per ora è la sua stanza, Davide non ha voluto dare la sua impronta: “Ho portato solo gli strumenti e giusto qualche vinile per dare un minimo di identità ma, anche se con Daniele ho un ottimo rapporto, non mi fermerò a lungo”.
Sulla scrivania un giradischi, uno xilofono, casse, cuffie e cavi.
Spicca un piccolo strumento. È un organetto a ventola. Ha un bellissimo suono simile a una fisarmonica, sembra sbuffare dal caldo in modo armonico. Su uno scaffale a destra, sotto a una cinquantina di vinili ci sono diverse centinaia di DVD. Davide è un appassionato di cinema, lo si poteva intuire. Guardiamo insieme un cortometraggio sul quale sta lavorando alla colonna sonora. Si chiama Once, dura 22 minuti. Quando finisce manca ormai poco al nostro treno di ritorno. Fra qualche minuto Davide ascolterà di nuovo la musica dell’attesa del numero verde della sua compagnia telefonica, quella che stamattina cercava di mollare. Ci accompagna a piedi alla stazione vicina. Lì, un treno ci riporterà a Termini dove il sapore di Roma ci ha abbracciato qualche ora prima. Cioccolato e bombe atomiche. Furgoni bianchi e un colle che non c’è sui libri di storia.
Roma vicina e Roma lontana.
La città di un sognatore che fece un grande salto e continuò a muoversi, a terra come nell’aria, a volte più lontano e a volte più vicino.
“Erano gli anni ’80 e nella Berlino Est abitava un sognatore. Voleva evadere, superare il muro. Decise di farlo saltandolo con l’asta. Il suo desiderio era talmente forte che diventò uno dei migliori saltatori con l’asta della nazione, membro della squadra olimpica. I suoi grandi sogni erano ormai diventati due. Un giorno scoprì che la Germania dell’Est non avrebbe partecipato alle Olimpiadi di Los Angeles. Il sognatore ora aveva due sogni nel cassetto e per poterli realizzare entrambi serviva un salto ancora più grande”.
Da una sceneggiatura scritta da Davide Combusti, in arte The Niro.