I Pipers sono una band indie/folk/alt pop nata nel 2007. Ha partecipato a festival come Mathew Street Festival, Creamfields e Liverpool Sound City, calcando i palchi con artisti internazionali come The Charlatans, Ian Brown e Starsailor e suonando in Tour in UK con gli Ocean Colour Scene; hanno inoltre aperto i concerti di Turin Brakes e James Walsh sia in Italia che all’estero. Hanno ricevuto consensi su Virgin Radio (con i singoli Sick of you e Steve Lamacq in rotazione), Il Fatto Quotidiano, NME, Balcony Tv (Dublino, Milano e Roma), Mtv, Rockol, XFM Manchester e All Fm 96.9 (Manchester).
Anche loro hanno scelto di passare a Soundreef per la gestione delle proprie royalty. Abbiamo avuto accoasione di incontrarli e di fargli qualche domanda.
Ciao ragazzi, qual’è il momento in cui avete deciso di dar vita ai “Pipers”?
Quando ci siamo accorti di avere qualcosa da dire all’interno di una scena musicale che 10 anni fa, in piena ondata MySpace, prometteva grandi cose. E infatti le prime gratificazioni, i primi contatti e le prime opportunità sono arrivate attraverso quella piattaforma.
Come vi sembra stia cambiando la scena musicale in Italia? Quali le differenze rispetto al resto di Europa?
Esiste una scena molto italiana come genere e come portato culturale, così caratterizzata da sembrare a volte un piccolo condominio autoreferenziale. Poi però ci sono realtà e correnti d’aria che puntano dritto all’Europa e allora ti accorgi che rispetto a qualche anno fa sono molte di più le band indipendenti che sono esportate. Il concetto di attenzione resta in ogni caso molto diverso rispetto al resto dei paesi che ci circondano: lì la percezione dell’artista, a prescindere da quanti spiccioli prendi, è diversa.
Che cosa apprezzate di più in un artista oggi?
Sicuramente la capacità di restare sulla propria strada senza lasciarsi contaminare dai compromessi. È un filo rosso che se ci pensi è trasversale, va al folk al punk.
Quali sono i punti di forza e quali le criticità dell’Industria musicale italiana oggi?
Domanda troppo complessa, ci scrivono le tesi e non arrivano alle conclusioni giuste perché in fondo non esistono. Credo che l’industria italiana sia troppo ego riferita, poco audace, vittima della TV e con una fastidiosa patina di provincialismo.
Come mai avete scelto Soundreef? Cosa pensate della gestione dei diritti d’autore in Italia fino ad oggi?
La SIAE non ci ha dato quel che ci spettava, abbiamo avuto 2 brani in rotazione su una famosa emittente nazionale e non abbiamo ricevuto un euro. Oltre al fatto che nel 2016 è impensabile il monopolio. Soundreef è qualcosa che cammina al passo con i tempi e che sicuramente saprà rendere giustizia a questa fase nuova e in transizione che stiamo vivendo già da un paio di anni. Siamo fiduciosi.
Grazie ragazzi e in bocca al lupo!