Gli Osaka Flu hanno iniziato la loro carriera con brani in inglese, ma al primo esperimento in italiano è stato amore a primo ascolto. Hanno collezionato diversi live e partecipato al Festival Arezzo Wave, quest’anno sono tra i semifinalisti per il Premio Buscaglione. Gli abbiamo fatto qualche domanda, ecco cosa ci hanno raccontato Michele, Francesco e Daniele.
Ciao Osaka Flu! Cosa ci dite di voi? Chi sono gli Osaka Flu e quando nascono?
Un saluto a tutti, noi siamo gli Osaka Flu, una band completamente indipendente (nel senso che facciamo proprio tutto da soli). Suoniamo punk come se fa in toscana, ma in realtà molte riviste definiscono la nostra musica indie/punk. I nostri nomi: Michele, Francesco e Daniele. Viviamo e siamo cresciuti in uno di quei quartieri dell’Aretino che pensi di conoscere come le tue tasche e poi ti rubano i pantaloni davanti alla sala prove. Li è iniziato tutto e suoniamo insieme da 10 anni. I primi 6 anni sono serviti per prendere un po’ le misure con il mondo della musica, comunque tra errori, fregature e dormite collettive a suon di bestemmie abbiamo fatto qualche decina di concerti ed un paio di EP. Poi nel 2016 la sveglia (sarà che ci siamo accorti di avere 30 anni), da lì abbiamo prodotto 4 dischi tutti d’un fiato e suonato in più di 100 tra palchi, marciapiedi…ed eccoci qui.
Un disco in inglese e tre in italiano. Com’è per voi fare musica? Come nascono i vostri brani? Avete qualche aneddoto da condividere con noi?
Come dicevamo prima, la nostra storia la possiamo dividere in due fasi. All’inizio eravamo convinti che l’inglese fosse la lingua giusta, forse perché quando eravamo adolescenti, tutti quanti, tra emittenti radio, riviste specializzate e programmi in tv musicali, mettevano sempre la musica anglofona come unica musica ganza. Avevamo scoperto artisti del calibro di Lucio Dalla, Rino Gaetano e Fabrizio De Andrè sulle cassettine dei nostri genitori, ma comunque consideravamo quella roba una “musica per vecchi” un po’ come il jazz ed il blues. Poi abbiamo girato molto per l’Italia e confrontandoci s’è deciso di provare a scrivere un brano interamente in italiano: è stato amore a primo ascolto, il brano si chiamava ‘La sindrome del Giovane Holden’ (Il secondo estratto del nostro secondo disco KM183). Da lì non c’è stato più nessun dubbio, nel frattempo le nuove generazioni hanno rivalutato la vecchia musica italiana e così anche il mercato si è aperto molto. Viva la musica cantautorale, punk, ska, folk italiana (di sicuro c’è ancora molto da sperimentare), abbasso l’aganawanaghè inglese (anche se alcune band americane ed inglesi rimarranno i nostri fari musicali)!
Il premio Buscaglione è un contest musicale dedicato ai giovani talenti, voi siete tra i semifinalisti e vi esibirete presto! Come vi state preparando a questa esperienza? Ci raccontate com’è andata fino ad ora?
In realtà hanno dovuto spostare a data da destinare il premio Buscaglione. Sto cazzo de coronavirus!! Appena abbiamo saputo la grandiosa notizia abbiamo sospeso i lavori per il nuovo disco (che doveva essere pronto in estate) ed abbiamo lavorato duro per le due serate, la semifinale che si sarebbe svolta il 12 Marzo ed eventualmente per la finale del 14 Marzo. Tutto rimandato ma noi siamo carichissimi, non andremo per fare una girata a Torino, ma come minimo per farci notare e cercare di vincere questo premio, siamo consapevoli che sarebbe davvero una grande svolta per il nostro percorso musicale. Non capita tutti i giorni una giuria tecnica di quello spessore!
Cosa non dovrebbe mai mancare a chi decide di fare musica?
Passione, senza quella si fanno cose brutte.
Impegno, si devono sacrificare un sacco di cose per la musica, in primis le uscite con gli amici e le fidanzate (son tutte sul piede di guerra con noi musicisti), poi l’impegno al lavoro e la carriera, oltre a tantissimi attimi di tempo libero.
Tenacia, perché ad un certo punto non basta la passione e non basta nemmeno l’impegno. Si prendono dei bei calci in bocca e molte band si sciolgono o perdono passione dopo i primi 2. Noi ormai siamo lividi ed incazzati peggio de Rocky all’ultimo incontro con Ivan Drago, andiamo avanti ormai da un paio di anni tra grandi soddisfazioni e grandi calci.
Soldi, ne servono parecchi. Quando vi dicono che dall’avvento del web tutte le band hanno le stesse opportunità e la stessa visibilità noi vi diciamo: FALSO! I soldi muovono tutto questo, forse più di prima, tra inserimenti in playlist e contratti discografici, produttori costosissimi e sponsorizzazioni da 20mila euri.
Comunque noi ci autofinanziamo con i soldi che guadagnamo sui palchi e con qualche piccolo introito parallelo, perché siamo dei morti di fame e non abbiamo il babbo pieno di soldi, anzi, citando una cover da noi reinterpretata nell’ultimo disco, dobbiamo ancora ridarglieli i soldi al nostro babbo (papà) cit. Manuel Agnelli
Parliamo di scena italiana, chi sentite più affine a voi? Cosa vi piace di più della scena?
Ci garba molto tutta la musica italiana tra gli anni 50 e gli anni 80, da Carl Perkins, passando per i Led Zeppelin ed arrivando ai Clash.
Scherziamo! in realtà vi consigliamo di ascoltare il nostro disco “La strana Famiglia” uscito lo scorso 13 gennaio. Un album dove facciamo 7 cover di 7 artisti italiani: Fabrizio De Andrè, Rino Gaetano, Skiantos, Afterhours, CCCP, Diaframma . Per quanto riguarda la scena attuale vi consigliamo di ascoltare Giancane, un grande amico e fa delle canzoni spettacolari