Oggi abbiamo chiacchierato con Noah Pax, che ci ha raccontato le sue emozioni in vista del Beaches Brew, il festival di Ravenna dove debutterà live assieme al musicista turco Umut Adan.
Ciao Pietro, come stai? Su che progetti stai lavorando in questo periodo?
Ciao! In questo periodo mi sto occupando di vari progetti molto diversi tra loro. Principalmente mi muovo nell’ambito della musica contemporanea ed elettronica sperimentale con il collettivo CoMET (Collettivo Musica Elettroacustica Torino), ma non mancano anche delle collaborazioni in ambito più pop contaminato, come quella con la cantautrice e attivista georgiana Nino Gvilia e il musicista turco Umut Adan. Poi c’è sempre Noah Pax che dopo l’uscita di Liberty non ha smesso di scrivere canzoni, ma per adesso è ancora troppo presto per poter parlare di un nuovo lavoro.
In questi giorni sei in Tour con il musicista turco Umut Adan. Come lo hai conosciuto e come è nata la collaborazione?
Con Umut ci si è incontrati per una serie di curiose coincidenze che non sto qui a spiegare perché l’intreccio è decisamente fitto. Diciamo che ci si è trovati una sera io, lui, Andrea Marazzi (basso) e Lorenzo Firmi (batteria) attorno a un tavolo di un appartamento a Torino ascoltando il suo album di debutto Bahar (arrangiato insieme a quel geniaccio di Marco Fasolo dei Jennifer Gentle e prodotto al Toe Rag di Londra assieme a Marco e Liam Watson) e ci si è detti “perché no?”.
Che tipo di live state portando in giro e con che formazione? Cosa dobbiamo aspettarci?
Il live proposto è decisamente dinamico. Da momenti in cui la psichedelia regna sovrana si arriva a ritmiche incalzanti e serratissime tipiche del rock anatoliano. A una formazione da band classica chitarra, basso, batteria e synth, Umut ha aggiunto strumenti e percussioni originarie del suo paese tra cui spicca il Cümbüş o “banjo turco”.
Stasera sarete tra i protagonisti di uno Festival più interessanti in Italia: stiamo parlando del Beaches Brew. Sei mai stato al Festival? Cosa ti aspetti?
Non sono mai stato al Beaches Brew, nonostante sia uno di quei festival di cui sbirciavo sempre la line up. Sono davvero molto emozionato nel prenderne parte con questa formazione, non dico nulla sulle aspettative per scaramanzia, anche perché è il debutto ufficiale.
Quali sono le altre band in cartellone che sei più interessato a vedere dal vivo?
Oltre ai nostri compagni di serata sul Harbour Stage Escape-ism e Kel Assouf, sono molto curioso di risentire dal vivo Any Other e i live di Courtney Barnett e Big Thief.
Come sta cambiando la scena in Italia? C’è secondo te spazio per la qualità? Quali sono le cose belle che vedi in questo momento?
La musica italiana negli ultimi dieci anni è stata caratterizzata da un dinamismo spaventoso e tirare le somme di ciò che è cambiato e sta ancora cambiando è un compito decisamente arduo. A livello locale, nella realtà di Torino e dintorni, sto constatando quanto il pubblico stia diventando più recettivo, curioso e aperto anche a realtà più “underground”, per usare un termine ormai vintage, spingendosi anche al di fuori dei grandi centri urbani e penso che questa sia una cosa bella. Credo che ridare valore alle piccole realtà di provincia, indifferenti alle lusinghe e alle Battistiane “allettanti promesse” delle grandi città, dare loro ascolto e partecipare a ciò che succede artisticamente in questi posti possa essere un punto di partenza anche per superare un periodo sociale non facile che il nostro paese sta attraversando.
Perché Soundreef?
Soundreef mi ha permesso di affacciarmi al mondo del diritto d’autore in modo chiaro e trasparente, cosa che per i primi anni in cui suonavo vedevo come un lato oscuro e, alle volte, pericoloso da affrontare da indipendente.
Grazie mille e in bocca al lupo per tutto!