E’ un duo torinese che promette molto bene in viaggio tra produzioni europee e suoni dal mondo. Si fanno chiamare ‘Nina Simmons’. Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con loro.
Come e quando nasce Nina Simmons?
Nina Simmons nasce circa un anno fa a Torino. Ci siamo conosciuti un po’ per caso e abbiamo scoperto di avere molti gusti musicali in comune. Dopo aver trascorso una giornata intera ad ascoltare molta musica etnica, jazz, minimalismo americano, psychill, ambient, downtempo, hip hop e dub, è nata in noi la necessità di provare a ricreare queste sonorità che amiamo in un progetto musicale.
World Sound Downbeat: così si legge sulla vostra pagina Facebook. Come è venuto fuori il vostro Sound? Quanto è stato cercato e quanto è uscito per caso? Come lavorate solitamente nella composizione?
World Sound Downbeat è una definizione che abbiamo adottato per cercare di descrivere il nostro sound. “World sound” si riferisce ai campioni di musica etnica e tribale che vengono utilizzati nella composizione del beat, “downbeat” invece sta a significare che il groove è generalmente gestito sui loop e sulla cassa in 4. La composizione delle tracce viene eseguita su Ableton live, usato da Davide come tavolozza per raccogliere e gestire i sample e le tracce registrate da lui al basso e al moog e Jacopo con sax, clarinetti e synth.
Live vs Studio. Qual è la vostra dimensione ideale? E perché?
Sono due dimensioni molto importanti: il Live è il momento in cui ci si mette in gioco, lo Studio è un lavoro più decisionale e di ricerca. Entrambe le realtà si influenzano e autoalimentano a vicenda perché l’esperienza acquisita dal vivo ci permette di capire molto bene l’impatto della musica sul pubblico ma senza un lungo e attento lavoro in studio si rischia di fossilizzarsi sempre sulle stesse idee e perdere la “freschezza”.
Sebbene la nostra musica possa essere considerata elettronica, perciò riprodotta da un computer o da altri strumenti di sintesi, il fattore dell’estemporaneità delle linee melodiche strumentali rende ogni concerto sempre unico e talvolta prendiamo spunto da queste improvvisazioni per poi utilizzarle come melodie tematiche.
Su che tipo di progetti state lavorando? Cosa vi aspetta nei prossimi mesi?
Al momento siamo molto concentrati sulla produzione dei brani che usciranno prossimamente con l’etichetta torinese “Variables”. Nei prossimi mesi ci aspetta qualche live in città perciò, dopo aver ultimato i lavori per l’EP, ci dedicheremo alla dimensione Live. Il nostro obiettivo è offrire uno show nel quale musica elettronica e strumentale siano una cosa sola perciò è necessario sperimentare diverse soluzioni stilistiche e tecniche.
Che impressione avete della scena italiana in questo momento? Che tipo di opportunità offre?
Essendo un gruppo neonato e indipendente abbiamo potuto esibirci solo qui a Torino perciò rispondendo a questa domanda possiamo solo riferirci alla nostra città. La scena è carica di artisti molto validi, e crediamo il pubblico sia molto curioso e critico.
Il digitale ha cambiato non solo le opportunità ma anche le modalità e le forme espressive. Vi trovate d’accordo con questa affermazione? Quanto sta condizionando il vostro modo di fare musica l’impatto con il digitale?
Ormai oggigiorno le tecnologie sono diventate più rapide e accessibili perciò pensiamo che, in un modo o nell’altro, abbiano influenzato chiunque si occupi di musica o di arte in generale.
Certo, il digitale condiziona il nostro modo di fare musica, ma non le nostre identità.
Perché Soundreef? Quali sono gli aspetti dei servizi che trovate più interessanti?
Perché Soundreef è efficiente, trasparente, corretta sia nei confronti dell’artista che del committente. Il costo del borderò è esiguo rispetto alla concorrenza ed essendo, appunto, tutto digitalizzato, chi utilizza i loro servizi, è sempre al corrente dei conteggi e degli utilizzi dei propri brani depositati. Il customer service è eccellente, rapido e disponibile. Molto interessante per chiunque produci, il servizio In-Store.