Gli artisti che provengono dalla scena DIY come non li avete mai visti. ‘Soundzine’ è la rubrica, a cura di Ale Kola, dedicata agli artisti che hanno fatto di autoproduzioni ed autogestione uno stile di vita. E ora hanno deciso di collaborare con noi. Aneddoti, filosofie, vita vissuta, confronti tra culture ed epoche diverse. Oggi l’intervista a Napoli Violenta.
Ciao Boys, innanzitutto benvenuti nel nostro team Soundreef! Cominciamo subito con la domanda di rito: il nome della band , significato e perché. (Anche se è facilmente intuibile per chi ha una qualche dimestichezza con il cinema di genere poliziottesco).
Esatto, Napoli Violenta è un progetto che si ispira dichiaratamente all’immaginario dei film di genere “polizziottesco”. La cosa bolliva in pentola da un po’, è stata ideata da ‘o Russ, il nostro bassista, e quando si è concretizzata la possibilità di mettere assieme una “paranza” grindcore ci è venuto naturale di chiamarci così. Il modo con cui andiamo on stage, il progetto, i pezzi, e tutto ciò che lo riguarda, è un omaggio dichiarato al genere, alla città, agli autori e agli interpreti. Napoli Violenta vive in quella realtà immaginaria fatta di un misto di crudeltà, onore, eroismo, giustizia, efferatezza e ha pochissimi punti in comune con la Napoli reale, che è un’ammesca-francesca di luoghi comuni e, fra le altre cose, è anch’essa violenta, con la v minuscola però.
Ora un po’ di vostra storia, i progetti pre-Napoli Violenta , il vostro percorso nel mondo musicale, la scena extreme partenopea, e quello che volete raccontarci a tal proposito.
Riguardo ai nostri precedenti non possiamo rispondere: Napoli Violenta è un progetto che esclude quelle che sono le nostre identità nel mondo “reale”. Dietro i passamontagna ci sono 4 persone e non è nemmeno detto che siano sempre le stesse.
Riguardo alla scena extreme partenopea posso invece risponderti perché ho una certa età e riesco a ricordarmi la scena che c’era: Randagi, Contropotere, grande attitudine, ragazzi e ragazze, anche giovani, che si muovevano per animare situazioni, posti e concerti. Sono passati parecchi anni e le abitudini della gente sono mutate. In pochi si muovono e si supportano, ci sono realtà anche molto valide, isolate, fatte di persone che si impegnano ma della scena, quella vera, si è persa ogni mentalità. Non so dire se sia meglio adesso o allora, né voglio fare il vecchio nostalgico con le solite frasi “si stava meglio prima”. Penso che ciascuno ha la scena che merita, magari ai ragazzi di adesso sta bene così, anche se noi la troviamo deludente.
Siete la prima band prettamente Grindcore ad essere iscritta con noi, speriamo farete da apripista per questo genere, visto che chi vi sta intervistando, lo adora. Pensate si potrebbe creare una rete di band attinenti al genere sopracitato da far girare con Soundreef? Perché i nomi e numeri ci sono, correggetemi se sbaglio, bisogna superare semplicemente quella diffidenza iniziale tipica di certe scene underground, anche se come ben sapete il passo in questa direzione è stato fatto già da “OVO”/ “Signorina Alos? – “Ufomammut” e tanti altri.
Ce lo auspichiamo! Il Grindcore è uno di quei generi che raggruppa realtà musicali molto eterogenee, si estende dall’HC old school, al death metal, al noise. In Italia ci sono molte realtà validissime a cui siamo orgogliosi di poter dare il nostro modesto contributo. Se sufficientemente diffuso può raccogliere un ampio pubblico e sarebbe bello se Soundreef potesse fare da vettore in tal senso.
È appena uscito il vostro primo 12″ EP su DE•EVO•LU•TION RECORDS. Mi soffermerei sulla grafica, stupenda e piena di riferimenti. Tra l’altro fatta da un componente del gruppo stesso, Marcio.
La copertina del nostro primo EP è volutamente tutta un “pezzotto”, una forma d’arte tipica delle nostre zone, che consiste nel creare una replica di un brand, ma non una replica esatta, anzi, aggiungendo dei dettagli che la rendono unica e riconoscibile in quanto tale. Non smetteremo mai di ringraziare la DE•EVO•LU•TION RECORDS per la libertà espressiva che ci ha garantito. A cominciare dal logo, nato prima ancora della band: il riferimento primario è “SCUM” dei Napalm Death, chi mastica il grindcore conoscerà bene il magnifico artwork di Jeff Walker. Ho cercato di ricreare uno scenario simile utilizzando però vere e proprie icone del polizziottesco anni 70, le 3M, Merola, Merli, Mauro e tanti altri attori e caratteristi in un caotico collage digitale che richiama lo stile di Winston Smith (Dead Kennedys) e Gee Vaucher (Crass) artisti a cui mi ispiro molto per le mie elaborazioni grafiche, incorniciato dalle “capuzzelle” con al centro un piccolo altarino dove “I mandolini suonano e le pistole cantano” insieme a San Gennaro el D10S, cunfietti, curnicielli, cape d’aglio e bombe a mano come protezione dal malocchio, la mmiria e a gelusia. Sullo sfondo altri riferimenti grafici e altre influenze, Game Over dei Nuclear Assault e The Age of Quarrel dei Cro-Mags, il Vesuvio incazzato e sanguinante ira verso “un paradiso abitato da diavoli”.
Siete dei neo iscritti su Soundreef, quindi l’ultima domanda di rito, ossia come vi trovate con noi, in questo caso non ha molto senso in quanti neofiti. Però ci potete dire le vostre aspettative e in generale come e cosa vi immaginate tra un futuro prossimo.
In Italia la SIAE ha sempre suscitato odio, almeno in certe scene. E questo non perché i principi di base che vorrebbe garantire siano sbagliati, bensì per i metodi, le politiche finché il risultato finale finisce con l’apparire (e in massima parte lo è) un costrutto a vantaggio di una ristrettissima oligarchia di musicisti e compositori. I princìpi affermati da Soundreef ci sono apparsi cosa equa: salvaguardare gli autori, semplificare la vita ai gestori di locali pubblici e allo stesso tempo fare tutto in modo trasparente attraverso una piattaforma aperta. Insomma le pretese e le speranze sono ai massimi livelli quindi dovete impegnarvi per non deluderci. E non so se vi conviene deluderci 😉
Grazie ragazzi e in bocca al lupo!