‘Moon and beyond’ è il nome di una mostra immersiva ed interattiva che ha come tema le esplorazioni umane ai confini dell’universo, che a marzo sarebbe dovuta approdare a Torino. Gli spazi espositivi della mostra, realizzata in collaborazione con la NASA e la CNSA – China National Space Administration, percorrono il presente e il futuro della nostra esplorazione ai confini dell’universo e delle spedizioni umane nello spazio.
In attesa che gli spazi dell’arte vengano riaperti, è comunque possibile ascoltare un estratto della OST MOON, scritta e prodotta tra Torino, Genova e Hong Kong dal nostro FiloQ e dal compositore Ivan Bert
Ecco cosa ci ha raccontato FiloQ di questo progetto, e di come è nata MOON:
Ciao Filippo, MOON è la colonna sonora di una mostra con tema le esplorazioni umane nell’universo. Ci racconti come è iniziato il progetto? Da dove siete partiti?
Il punto zero del progetto è stato il mio incontro con Ivan Bert, che è un trombettista e compositore torinese con cui tre anni fa abbiamo fatto un live all’aeroporto di Caselle, insieme ad altri due jazzisti. Da lì abbiamo iniziato a collaborare e un anno e mezzo fa ci hanno chiesto di comporre la colonna sonora per questa mostra che racconta l’esperienza dell’uomo che voleva andare sulla Luna, quindi le vicende e i tentativi della corsa alla Luna. È una grande mostra video molto esperienziale, e noi abbiamo realizzato questa colonna sonora di cui è uscito un estratto con la nostra etichetta INRI Classic, che racconta un po’ di questa esperienza. Poi diventerà una performance live!
L’idea di creare una mostra immersiva: come avete lavorato musicalmente da questo punto di vista? In che modo avete immaginato di coinvolgere il fruitore?
Abbiamo cercato di far convivere il nostro immaginario fantascientifico sonoro, perciò anche la nostra sensibilità e quello che si sarebbe aspettata di vedere per questo tipo di commento sonoro, con quelli che erano i suoni e i rumori di quella della musica di tutti gli anni raccontati dalla mostra. Dai ‘50 ai ‘60 e i ‘70, abbiamo cercato di far convivere questi due aspetti, ad esempio le radio che ogni tanto entravano a raccontare cosa stava succedendo in quel momento, ma all’interno di un contenitore più grande.
Su questo progetto hai lavorato con Ivan Bert. Come avete lavorato insieme? Qual è stato il vostro iter operativo?
Tendenzialmente lavoravamo nello studio di produzione video. Abbiamo sonorizzato 4 stanze con video su tutte le pareti e su pavimento e soffitto, praticamente 6 video che si parlavano per un’esperienza completamente immersiva. Lavoravamo quando le stanze erano già abbastanza definite, andavamo a fare la colonna sonora sulle immagini. Alcune idee sono nate anche prima e poi sono state riadattate. Il 90% del lavoro lo abbiamo fatto però in studio, o da me a Genova o da lui a Torino, con le immagini che scorrevano e scoring sopra. Digitale, tantissima elettronica, abbiamo registrato degli archi sia veri che trattati e poi il pianoforte: questo è stato il flow lavorativo.
Tu non sei di certo nuovo a collaborare con altri producer e/o artisti. Che cosa cambia ogni volta e quali sono le costanti? Un consiglio per un flow di lavoro pulito ma che non dimentichi il divertimento?
A me capita di collaborare con tante persone ed in progetti molto diversi. Per me si tratta di cercare di far uscire sempre il più possibile l’altra persona, perché io ci sono e so cosa sto portando. Il fatto di potermi arricchire grazie alla persona che ho davanti per me rimane la cosa più bella del fare musica insieme a qualcun’altro.
Poi ci sono due categorie di collaborazioni, per quanto mi riguarda. Una è quella con i producer con cui c’è un flow molto più semplice, una volta che si definisce il software ci si scambia le session e si può essere anche molto ordinati, la maggior parte delle persone con cui collaboro sono ordinate e attente. Fa parte forse un po’ del nerdismo da laptop.
L’altro tipo di collaborazione è quella con i musicisti, in cui io mi metto un po’ dall’altra parte del tavolo, registro e scrivo con loro ma poi l’ordine devo gestirlo io, perché entra tutto nell’ordine dato dal software con cui si lavora, e quello lo gestisco io. Questo secondo tipo di collaborazione prevede un po’ più di regia da parte mia, mentre con i producer è molto più un 50 e 50, nel senso che ci si tiene d’occhio a vicenda.
Un consiglio è mettersi d’accordo ad inizio lavoro su come si nominano le session! Di non trovarsi a metà lavoro che non si è stabilito un flow o un linguaggio, quello a volte è un casino. A volte succede che è tutto veloce e arrivi oltre la metà che non hai pensato di dover riprendere tutto in mano e quindi è esploso. Un consiglio, soprattutto quando si lavora in tanti, è curare l’organizzazione.
La mostra sarebbe dovuta approdare a Torino ma è stata rimandata, prima della prossima data sarà possibile ascoltare anche altri estratti?
Diciamo che diventerà una performance live, arricchita da uno o due archi e ci saranno i visual di Riky Akasha, che è il ragazzo che ha fatto il teaser che è presente su Youtube. Questo accadrà in autunno. Ci porteremo dietro una parte dei contenuti che hanno fatto da colonna sonora alla mostra e una parte saranno contenuti ex novo. Abbiamo scritto tanto e per esigenze di tempi tecnici, legati alla mostra, ci sono tante cose che sono rimaste fuori o sono state molto contratte e potevano svilupparsi in maniera molto più ariosa. Il live sarà una costruzione diversa da quella che era la colonna sonora, diventerà un oggetto a sé.
Su cosa stai lavorando ora?
Sto lavorando su un disco di canti dei marinai da tutto il mondo, questo è il lavoro che sto facendo per me, e poi sto collaborando con tanti musicisti diversi, tanti jazzisti,. Però in questo momento il lavoro che sto portando avanti molto lentamente da due anni e non so quanto ancora durerà è proprio questo disco di canti di marinai.
Grazie FiloQ!