Lo scorso anno, ospite di Raffaele Costantino per Soundreef Waves, ci aveva annunciato un nuovo album. E’ stato di parola: ecco ‘Polyamorie’, il ritorno di Matteo Tambussi.
Come inizia l’esperienza di Mat? Con che idea?
Se intendi l’intenzione di accorciare il nome in “Mat” è un’idea di mia sorella Francesca, che mi ha sempre sostenuto in tutto il percorso. Il mio nome per intero (Matteo Alessio Tambussi) è acronimizzabile in “Mat” e reversamente “Tam”. Mi piacciono questi giochi casuali di parole e i palindromi. Gli antichi pensavano portassero ordine nelle cose e, dal momento che l’ordine e’ l’elemento che manca un po’ nella mia vita, pensavo di fare un primo passo, almeno sulla carta.
Per quanto riguarda il musicista, beh… nasco come amante della musica suonata dal vivo, in session e a buoni volumi. Ultimamente, poi, mi sono dato alle soluzioni più acustiche, ma solo in determinati ambiti: a Berlino suono con una band punk-rock, Laura Guidi, dove si fa un gran casino. Personalmente, mi piace collaborare con musicisti preparati, ma la performance, anche in registrazione, deve tenere conto di quella linea sottile tra progettualità e caos. Penso che in fondo sia questo il bello di un certo tipo di musica, quella che voglio e che posso fare io adesso, dimostrare che la vita, come la musica, e’ una costante gestione del caos.
‘Polyamorie’: in che momento del tuo percorso arriva? E musicalmente come lo hai sviluppato?
Questo e’ il mio nono disco, se conto i lavori con i Baroque, Eskinzo, l’inizio del periodo solista a Berlino e le raccolte curate e prodotte da me come ‘Alphaville Homestudio Recordings #1’.
‘Polyamorie’ è cominciato a cavallo tra ‘Alphaville’ e ‘Zilina’ (che però è uscito prima in quanto produzione lofi). Volevo raccogliere insieme alcuni cantautori e compositori e scrivere con loro un disco su una tematica che richiedesse una visione d’insieme, come sessualità e intimità. Ogni pezzo ha un’origine diversa, le persone coinvolte hanno la paternità del disco tanto quanto me.
Io semplicemente mi sono sobbarcato il lavoraccio di struttura e di parte della produzione.
Tutti i pezzi, o quasi, hanno una base suonata dal vivo, registrata dalla ‘Resident band’ dei Klubhaus Studios di Berlino, di cui facevo parte. I testi sono spesso il frutto di 2, 3, 4 teste. Il polishing finale, mix e boost e’ andato in mano di Maurizio Borgna.
Scrivere musica. Come nasce normalmente una canzone di Mat?
Dipende dal contesto. Per “Zilina” ad esempio abbiamo scritto e registrato (io e Marek K) un disco intero in dieci giorni contati, facendo orari impossibili, dando la priorita’ all’insieme e non soffermandosi sui particolari. Abbiamo colto il flow dell’esperienza in cui eravamo immersi (una residenza musicale), e tutto e’ venuto cosi’ spontaneamente. E’ una bella sensazione quando succede. “Lo squalo” e’ nata in un pomeriggio, dall’idea alla registrazione, e piace a tante persone. La stragrande maggioranza delle volte, invece, butto giu’ lo scheletro di una canzone in qualche giorno e poi la lascio li’ a macerare, spesso per anni, aspettando di trovarle una destinazione, una produzione, una tematica in cui inserirla per farla uscire. Per “Polyamorie” i pezzi sono tutti nati in momenti differenti nell’arco di tre, quattro anni, ma da situazioni e storie analoghe: una certa voglia di ironia verso la canzone sensuale, spinta un po’ oltre. Ogni volta che trovavo quell’affinita’ con qualcuno e ne veniva fuori un pezzo, boh quello era un pezzo per “Polyamorie”.
Su Instagram leggiamo “The first copy of “Polyamorie” has been sold today for 1.69 BRLN, a new Ethereum-based token for Berlin’s developers & creatives community…”. Come è nata questa idea e come la stai sviluppando?
Da gennaio 2018 sono entrato nell’ambiente ‘Crypto’ berlinese come curatore di produzioni musicali per un canale di streaming decentralizzato sul Blockchain Ethereum chiamato Livepeer. Da li’ e’ stata un’escalation e ora mi ritrovo addirittura a coordinare alcuni progetti legati alla creazione e supporto di microeconomie che scorrono sul Blockchain. La musica è da secoli uno degli indicatori dei nuovi trend e anticipatore delle politiche economiche mondiali, basti pensare a Napster che ha acceso la sharing economy raschiando il valore unitario del contenuto musicale, la canzone, e dandole invece un valore sociale, forse più alto. Per quanto riguardo il BRLN o Berlin Coin, si tratta di un token (sviluppato da una certa Simona Pop della startup Consensys, basata a Londra) che stiamo ora cercando di fissare a un determinato valore in Ethereum (la seconda cripto-valuta dopo il Bitcoin), in modo da ridurne la volatilita’. Il BRLN e’ attualmente “guadagnabile” a fronte di alcuni semplici task che chiunque può svolgere, come generare hashtag o creare contenuti a tema BRNL. L’idea e’ che tra i creativi di Berlino (ma non solo) si diffonda questa unità di valuta, in modo che molto del mercato sommerso o del network e del lavoro “in amicizia” possano essere remunerato parallelamente col Crypto. Per ora si parla di “neighborhood economy” in crypto, cioe’ utilizzare la tecnologia blockchain per riattivare le economie di quartiere e di nicchia/scena culturale. Io come test ho messo in vendita “Polyamorie” e in due me l’hanno comprato.
Che idea ti sei fatto della scena in Italia e in Europa?
Non saprei cosa dire onestamente, ci sono tante scene, basta scegliere la propria e martellare seguendo le regole, e allora ti parlerei della scena EDM piuttosto che di musica contemporanea e delle guerre private e invidie tra compositori, etc… Se parli di mainstream indie-pop italiano, mi piacciono i suoni utilizzati, i testi sono accattivanti ma li trovo auto-referenziali e vogliosi di fama, non sinceri. Preferisco un Young Signorino e i suoi esperimenti nonsense pieni di droga fino ai capelli. In Europa stessa cosa, ci sono tante scene che non saprei dirti. Mi piace che resista sempre l’interesse per le rock band, e mi auguro che tale attrattiva non muoia mai.
Perché Soundreef?
Perché anzitutto conosco le persone che ci lavorano, e questo mi mette in una condizione di poter dialogare qualora ci fossero problemi. In secondo luogo e più in generale, trovo che la mentalità che ha dato origine a Soundreef sia snella e dinamica nel rispondere ai cambiamenti tecnologici. Per chi fa musica è essenziale avere un partner di questo tipo e non un moloch gerontocratico che rifiuta a priori i cambiamenti.