Anche Massaroni Pianoforti sceglie Soundreef ed apre il nuovo anno pubblicando “GIU”, il suo terzo album. Il disco è uscito ufficialmente il 1 Gennaio su tutti i portali digitali. Un nuovo capitolo discografico in cui il cantautore vuole confrontarsi, a suo stesso dire, con la parte più nascosta e fragile di se’. Tra i musicisti che hanno collaborato con lui alla realizzazione dell’album anche Daniel Plentz dei Selton, Andrea Garavelli, Vito Gatto, Maurizio D’Aniello e Vincenzo Di Silvestro.
L’album viene presentato dal vivo il 10 febbraio al Goganga di Milano.
Noi lo abbiamo incontrato e abbiamo fatto qualche chiacchiera con lui, facendoci raccontare come è nato il suo nuovo album e cosa sta combinando in questo periodo.
Ciao Gianluca, GIU è il nuovo album di Massaroni Pianoforti. Che tipo di album è? Come è nato? Quali sono i temi affrontati?
Ho affrontato il tema del mio o nostro bipolarismo o schizofrenia sentimentale, il confrontarsi con la parte più nascosta e fragile di se’, un rapporto d’amore e di conflitto con cui prima o poi dovevo farci i conti e l’ho chiamata GIU. In fondo è come una relazione di coppia con l’unica differenza che se finisce non puoi liberartene perchè è parte di te, è uguale a te. Sono andato davvero a fondo, anzi più giù ritrovandomi a vivere in un locale interrato che ho soprannominato ‘Bunker’ e non è stato facile isolarsi per riviverle anche se sembrano solo l’ennesima manciata di canzoni sentimentali ma dovevo farlo, era necessario farne un concept. Il titolo mi sarebbe piaciuto tenerlo ambiguo ma visto che dovevo scriverlo ho dovuto fare una scelta ed è caduta su di lei, su Giu ma senz’accento.
Che differenze ci sono state nella preparazione di questo terzo disco rispetto ai primi due lavori?
A livello artistico la differenza è stata nei soldi che non bastano mai. Questo disco nasce dalla mia seconda raccolta fondi su Musicraiser ed è solo grazie alle prenotazioni di chi mi segue e a Maurizio D’Aniello e Vito Gatto (produttori artistici) che sono riuscito a chiuderlo nel meglio che si poteva sperare di chiudere, prendendoci anche molta libertà nell’arrangiamento dei brani che è ciò che mi premeva di più fare per non ripetere il disco precedente.
A livello umano nessuna perché solitamente scrivo un album quando ho davvero l’esigenza di raccontarti una storia, un avvenimento della mia vita o un’osservazione, un pensiero che devo assolutamente condividere perché tenerlo dentro m’intossica. Così è stato per GIU e credo che avrei potuto incidere un altro disco, forse più facile da “riconoscere” per farmi coccolare dal mercato discografico che per questo nuovo disco mi ha totalmente ignorato… ma posso capirlo, questa storia appena vissuta mi ha fatto perdere tutte queste cattive intenzioni di essere troppo accomodante con me stesso e si, con il pubblico cosiddetto di massa.
C’è qualche aneddoto curioso che in qualche modo ha condizionato la riuscita dell’album?
Di aneddoti ce ne sono fin troppi che l’hanno condizionato ma credo di averli già messi dentro tutti i 14 episodi di questo lungometraggio.
Cosa pensi dell’attuale scena italiana?
Sono sincero, la vivo e quindi ne penso forse un po’ con la frustrazione di non esserne ancora parte integrante come vorrei ma finalmente ci trovo nuove realtà musicali che hanno scavalcato il muro dell’indipendenza e stanno dettando finalmente legge a livello nazional popolare. Uno su tutti “Edroado” dove gli riconosco una credibilità e freschezza che non sentivo da tempo e poi i TheGiornalisti che sono Completamente SoldOut o Cosmo che ti fa ballare senza testi banali. Ecco, non prendo in considerazione invece tutti gli altri che si sono accodati a loro che per quanto siano progetti validi hanno sfornato degli album simili anche se dal punto di vista commerciale stanno avendo comunque riscontri altrettanto positivi. Infine ma non per meno importanza c’è Dente che seguo e stimo davvero più di tutti e lo sento davvero affine perché non gl’importa di farsi educare dalla massa e fa ciò che sente.. e lo fa in modo sempre originale e spiazzante.
Come mai hai scelto Soundreef?
Perché ho sentito che c’era un rapporto umano e più trasparente rispetto alla SIAE dove sei solo un numero da Borderò e solitamente non vai oltre a quello. Credo che sia arrivata l’ora di svecchiare anche il sistema di retribuzioni autoriali che per molti anni sono andati a vantaggio probabilmente solo dei “potenti” o Direttori “distratti” e Soundreef ha la stessa mia volontà di credere di poterlo fare. E lo faremo.