Avete già sentito “Rolling Pop”, il nuovo disco di Massaroni Pianoforti? Se non lo avete ancora fatto, ve lo consigliamo caldamente. Intanto ecco cosa ci ha raccontato Gianluca Massaroni.
Ciao Gianluca, come stanno andando le cose? E’ da poco uscito “Rolling Pop”, disco che ci ha colpito non poco. Belle canzoni e bella la produzione. Che cosa rappresenta nel tuo percorso? Come stai vivendo questa uscita?
Ciao! E’ appena uscito però posso dirti che sta piacendo molto. Certo, non ci sono ancora i numeri importanti che ti fanno tirare un po’ il fiato o le radio di massa che passano i miei singoli, ma confido nella lunga distanza e che non sia troppo lunga per arrivare a più gente possibile che se lo ascolti e perché no, se ne innamori. Rappresenta il 4* Album di tre precedenti con l’unica differenza che questa volta volta ha un’etichetta importante che l’ha marchiato. La sto vivendo bene, perché è un Album che piace molto anche a me, in cui credo a prescindere da come andrà.
Come sono nati i brani? Dove li hai scritti? In che lasso di tempo? E come hai lavorato alla produzione del disco?
Scrivo canzoni da una vita anche se ufficialmente esco con il primo album alla veneranda età di 33 anni. Ne ho accumulate un sacco d’inedite, alcune incompiute, altre più autentiche e istintive non avendo mai avuto un fine commerciale a cui dover rendere conto, e altre ancora finite a lunga scadenza. Per Rolling Pop ne sono arrivate di nuove , l’ultima è stata proprio “Rollingstone”, scritta in 6 minuti appena sveglio e non mi era mai capitato. Di solito ci metto mesi e sì, anche anni per chiudere un brano. La scelta dei brani rispecchia sempre l’ultimo periodo che passa tra un album che pubblico e quello nuovo che (forse) pubblicherò. In questo caso, il collante di tutti i brani è l’adolescenza con tutti i suoi slanci e le sue cadute per poter crescere ed è lei la protagonista a cui ho voluto dare anche un nome: Jennifer. Vedi, quando canto “che fine ha fatto Jennifer?” ti dico in realtà “che fine ha fatto l’adolescenza? perché non ti fai più anche me?”. In questa canzone c’è il passaggio inevitabile del cambio di stagione che si affronta quando non si è più ragazzini ma nemmeno si è diventati adulti, e ci si sente spaesati. Non sempre è facile da accettare e gestire. La produzione artistica è di mio fratello Andrea Massaroni, abbiamo allestito uno studiolo da battaglia, che ho potuto realizzare grazie ai Raiser della mia ultima raccolta fondi su Musicraiser, chiudendo metà negozio dei miei – “massaroni pianoforti” appunto – e da lì siamo partiti. Poi è subentrato Boosta che nell’ultimo mese ha preso i nostri provini, ha aggiunto qualcosa, tolto altro di superfluo e l’ha mixato.
Come è andato il lavoro con Cramps e con Boosta?
Come ti ho accennato nella domanda precedente, anche per questo Album ho dovuto affrontare una raccolta fondi (la terza da cantautonomo) su Musicraiser, fortunatamente andata a buon fine e stavo cercando un produttore artistico che avesse uno studio professionale per iniziare a incidere l’album. Non sarebbe stato uguale a quello che è ora “Rolling Pop”, visto che parliamo di due anni fa e avevo in mente di parlare di un altro argomento. Durante questa ricerca iniziale mi arriva un messaggio in pvt, inaspettato ma sempre inseguito, su Instagram di Boosta che dice di apprezzare i miei lavori autonomi precedenti (“Carlo” in particolar modo) e che vorrebbe parlarmi di una cosa. E’ nata così la collaborazione.
Quando e dove avremo il piacere di vederti live? Che cosa dobbiamo aspettarci?
Quando i ragazzi avranno il piacere di sentirci dal vivo tanto da convincere il gestore del locale a contattare il booking per farci suonare (nel caso, è [email protected] che si occupa dei live). Per ora ho delle comparse promozionali in radio a Roma e all’Auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare a Milano per una diretta live. Dovete aspettarvi gente che suona dal vivo e non su basi registrate.
Origini: quando hai fatto i primi passi come songwriter? Riguardandoti indietro cosa è cambiato dagli inizi ad oggi?
Come ti dicevo ho iniziato molto giovane, istintivamente da bambino quando mi inventavo melodie e parole per passare le giornate quando abitavo in un paesino di pochi abitanti e giocavo spesso coi miei cani ed in classe eravamo solo in sei studenti. Anche se le prime “serie” composizioni che posso ritenere tali, sono arrivate poco più che diciottenne. Forse oggi ho più esperienza, sono più consapevole dei miei mezzi ma non so se è più un pregio o un limite. Sicuramente è anche un lavoro e devo tener conto di chi ha investito su di me, ma la necessità di continuare a scrivere non l’ho ancora persa e questo mi dà il privilegio di sentirmi ancora come agli inizi.
Scrivere musica: come funziona per te il processo compositivo? A cosa un autore non dovrebbe mai rinunciare?
Qualcosa di tossico, non necessariamente nell’accezione negativa del termine, che devi buttare fuori. Un autore non dovrebbe mai rinunciare ad ascoltarsi, a contaminarsi e a ritrovarsi nelle canzoni che scrive. In fondo son pur sempre confessioni intime e ci vuole una buona dose di autenticità e di autocritica per poterle condividere anche con gli altri.
Sensazione di questo momento storico: come sta cambiando la scena?
Le mode del momento sono sempre in agguato, a dettarle saranno sempre – e ci sta – le nuove generazioni, che le assimilano più per un fattore di età che per altro. Credo che al di là della trap o del rap che stanno andando per la maggiore e ci sono molte cose che apprezzo, stia ritornando un nuovo cantautorato italiano, forse meno intellettuale degli anni d’oro ma sicuramente con un linguaggio immediato in cui ci si possa rispecchiare e alleggerire per i tempi brutali social che stiamo vivendo.