Come è nata l’idea di creare KeepOn?
KeepOn è un’Associazione Culturale creata, ormai dieci anni fa, con l’intenzione di dare voce e visibilità ai club che programmano musica italiana indipendente dal vivo, raggruppandoli in un circuito che possa conferire loro forza e identità. Questo significa sostenerli in tutti gli aspetti dell’attività: dalle questioni tecniche e amministrative alla programmazione artistica, organizzando iniziative comuni (come “Club Italia”, nell’aprile scorso: con un centinaio di concerti in contemporanea in altrettanti locali) e momenti d’incontro (come ad esempio i convegni con gli esponenti della politica impegnati sul fronte della musica dal vivo durante il festival di KeepOn svoltosi a Bologna in settembre). La nostra ambizione è trasformare il network dei club aderenti a KeepOn nell’equivalente in ambito musicale del circuito dei cinema d’essai.
Che tipo di situazione c’è in Italia per quel che riguarda i concerti live? Quali sono i problemi di promoter e gestori di locali e come si potrebbe migliorare la situazione?
Anzitutto è un mondo che necessita di riconoscimento professionale: le figure che gravitano intorno ai concerti, a cominciare dagli stessi musicisti, non hanno status adeguato. In qualche modo le loro posizioni vano regolarizzate. Si tratta di un aspetto fra i tanti che segnalano il disinteresse delle istituzioni e della politica – salvo alcune rare eccezioni – nei confronti del mondo musicale “extracolto”, che pure rappresenta un valore sia in termini di produzione culturale sia sul piano delle occasioni di lavoro e della creazione di ricchezza. Perciò la situazione è caratterizzata spesso da approssimazione ed estemporaneità.
Che differenza c’è, secondo te, per quel riguarda i concerti tra Italia e altri paesi europei come Francia, Belgio, Olanda, Germania, Inghilterra?
Proprio il confronto con altri paesi europei, come quelli che nomini, dà la misura della nostra arretratezza: là esistono programmi del governo centrale e delle amministrazioni locali che sostengono e favoriscono in varie forme la produzione musicale e l’attività dal vivo. Il divario è davvero macroscopico.
Per quel che concerne il discorso Diritti d’Autore e rapporto con la SIAE, come è vissuto dai gestori dei locali? Quali sono secondo te gli aspetti più importanti che devono essere migliorati nella gestione del Diritto d’Autore in Italia?
La percezione che i gestori dei club hanno della Siae, così come per altro verso dell’Enpals, è di una specie di “Equitalia della musica”. Un esattore di tributi dei quali è andata quasi smarrita la ragione originaria. Soprattutto per i locali medio piccoli bisogna pensare a forma di forfettizzazione dei tributi, per agevolarne l’attività sia sul piano strettamente economico sia sul fronte degli adempimenti burocratici.
Cosa pensi della Sentenza del Tribunale di Milano che ha sancito la legittimità dell’attività di Soundreef in Italia e, di conseguenza, ha creato un precedente sul tema della liberalizzazione del Diritto d’Autore?
La liberalizzazione del mercato del diritto d’autore è ovviamente necessaria: la storia del nostro paese, a qualsiasi livello (dalla telefonia al trasporto ferroviario), ci racconta che l’esercizio di un monopolio soffoca lo sviluppo. Dunque ben venga la sentenza del Tribunale di Milano.
Proprio in relazione al Diritto d’Autore, c’è stata una direttiva europea che deve essere recepita dal Parlamento Italiano. All’ultimo KeepOn di Bologna c’è stato anche un dibattito a riguardo. Sei ottimista, in questo senso?
Da parte della politica cominciano a esserci segnali d’interesse e impegno, spesso provenienti da singoli parlamentari. Il convegno di Bologna è stato importante – sono stati loro stessi a dircelo! – perché per la prima volta ha permesso che si sedessero intorno a un tavolo e si confrontassero concretamente sulle iniziative possibili per la musica dal vivo, a cominciare dall’applicazione della direttiva dell’Unione Europea sul diritto d’autore.
Credi che una liberalizzazione del diritto d’autore possa essere una buona cosa per gli artisti, etichette, distributori, organizzatori, booking e promoter? Perchè?
Senz’altro, anche se non è la panacea di tutti i mali. La cosa davvero importante è che cessi il monopolio esercitato dalla Siae, che ormai agisce come una specie di corpo separato, avendo in apparenza smarrito la propria legittima ragione fondativa, ossia la tutela di chi crea contenuti artistici.
Tanti gruppi giovani oggi si guardano intorno per cercare di capirne di più sulle nuove opportunità di gestione del Diritto d’Autore.
Da addetto ai lavori, cosa ti senti di consigliare in questo senso?
Di valutare con attenzione le opportunità offerte dai nuovi operatori del settore, come appunto Soundreef, e decidere poi il da farsi in base a dati in qualche modo oggettivi. Soprattutto per i giovani artisti alle prime armi, la Siae prende senza restituire alcunché.