E’ uscito venerdì scorso INDEPENDENT, il primo disco di M U T O, progetto elettronico milanese, pubblicato da Prismopaco Records, etichetta di Diego Galeri, batterista dei Timoria.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola con lo stesso Stefano Lai, in arte M U T O, per sapere qualcosa in più sul disco e sul suo approccio alla musica. Ciao Stefano, come sei arrivato alla realizzazione di INDEPENDENT?
Ciao Federico, io arrivo fondamentalmente da un’esperienza di gruppo. Suonavo in una band chiamata March Division in cui programmavo anche la parte elettronica. Ho suonato con loro per tre anni. Poi, un anno e mezzo fa, a fine 2015, per visioni future diverse ci siamo divisi.
E’ allora che ho iniziato il progetto M U T O. Per la prima volta lavoravo ad un progetto da solo, in cui io ero l’unico componente. Era un’esperienza completamente nuova per me. E’ stato moto
importante perché mi sono messo in gioco. Avevo avuto delle idee nel tempo e da quegli input ho estrapolato gli 8 brani che poi sono andati a comporre quest’album. Avevo necessità di comunicare.
E dal punto di vista compositivo e creativo qual’è il processo che solitamente segui?
Io nasco come bassista e per attitudine finisco con il partire quasi sempre dalla linea di basso. Ho una cura maniacale per le frequenze sotto i 150 HZ. Questo è il primo passo per quel che riguarda il mio approccio alla composizione. Adoro echi, riverberi e delay e ne faccio un uso spropositato, cercando di creare ambientazioni che rispecchiano ciò che voglio comunicare all’ascoltatore. In effetti le tracce che sono andate a comporre INDEPENDENT, più che brani, sono vere e proprie sensazioni che voglio trasmettere. Anche il Live che ho costruito è molto basato sulle sensazioni e anche tramite i visual cerco di fare tuffo il pubblico dentro la mia eseperienza sensoriale ed emotiva.
Parlando di scenari electro in Europa. Quali sono secondo te le cose più interessanti che stanno accadendo?
Sta cambiando molto l’idea di brano, proprio da un punto di vista strutturale. Tempo fa una canzone aveva un inizio ed una fine. Aveva una struttura logica. Adesso i brani non hanno più delle regole e questo crea una cosa bellissima: l’inaspettato. Si sente molto negli artisti che sono in voga in questo periodo. Non c’è più il discorso “ancora il ritornello… che palle!”. Ed è proprio la ricerca dell’inatteso che è la base anche della mia musica. Alcune cose possono essere inaspettate ma comunque piacevoli anche al primo ascolto, così come lo saranno al secondo e ancora di più al terzo.
Chiaramente poi c’è anche da dire che con tutti gli strumenti che ci sono al momento ed il digitale che sta prendendo piede, un’altra tendenza è l’allargamento della tavolozza di suoni ed atmosfere disponibili. Questo però ha anche una controindicazione. Avere tanta scelta rende più complicato per un’artista fare una grossa selezione per trovare uno suo stile che uniformi il suo sound, i suoi brani ed il suo album. La bravura di un artista oggi sta proprio in questo: nell’avere una personalità nelle scelte stilistiche. E’ molto difficile. Io spero di esserci riuscito. Non lo devo dire io. Dalle recensioni però mi fa piacere di essere additato come artista che è riuscito a comunicare quello che era il suo intento.
E cosa accade invece in Italia?
Parlando di Italia io sono molto positivo. Vedo molta curiosità ed attenzione alla scena elettronica. Fino a 3 o 4 anni fa non c’era. Secondo me, questo è un sintomo che le persone si stanno abituando ad un sound più digitale: ad una cassa elettronica e ad altri suoni digitali. Ci sono bravissimi artisti, anche in ambito indie, che stanno andando davvero molto
forte. Potrei dire la solita frase “In Italia c’è solo la Pausini, Ramazzotti, etc.” Non me la sento di dirlo perchè invece vedo che c’è interesse. Percepisco
interesse.
Strumentazioni e creatività.
Quanto nella musica elettronica pesano le idee e quanto contano le macchine oggi
nella fase compositiva?
Bella domanda… Diciamo che per quel che concerne la musica elettronica sono importanti sia la creatività che l’esperienza tecnica. Senza creatività un pezzo non nasce ma la conoscenza tecnica degli strumenti che ci sono al momento è fondamentale a livello di suoni, di mix e di master. C’è da dire comunque che se è vero che è molto semplice fare un brano ormai e basta comprare un iPhone per avere un app per comporre musica, è vero anche che questa è solo una facciata. Ciò che è difficile è trasmettere una sensazione e dare senso ad un brano. Questa è la vera difficoltà: creare qualcosa che possa emozionare un ascoltatore. Diciamo che ci vuole tutto: sia l’idea che la competenza tecnica elevata.
Perchè Soundreef?
Non ero iscritto a SIAE. Mi sono trovato davanti ad un bivio: SIAE o Soundreef?
E ho scelto Soundreef proprio da un punto di vista funzionale: l’iscrizione è veloce, caricare i brani anche e la compilazione del borderò online è davvero pratica.
La SIAE mi è sembrata essere praticamente un fossile. Forse ora sta dando dei segnali di modernizzazione ma sia la compilazione del borderò che il deposito sono cose che risalgono ai tempi primitivi. Sinceramente non mi sono neanche fatto più di tanto la domanda e sono andato diretto con Soundreef.
Tra l’altro ormai i locali sono tutti aggiornati. Ormai la conoscono tutti. Non ti trovi davanti a problemi con gli organizzatori e sono in tanti gli artisti che stanno cambiando. Condivido pienamente.
Grazie mille, Stefano.
In bocca al lupo!