Suoni overdrive, wave e l’alternative rock si incrociano con un timbro vocale vellutato per creare un sound unico: questi sono i LEDA. Oggi ci parlano del loro percoso, e dell’evoluzione della scena musicale italiana.
Ciao ragazzi! Come e quando nascono i Leda?
Siamo quattro musicisti da anni attivi nei rispettivi progetti nel panorama della musica italiana underground e cantautorale. Ci siamo incontrati quasi per caso nell’inverno del 2017; abbiamo deciso di fare una prova insieme e c’è stata subito alchimia. Sulle nostre improvvisazioni musicali, in modo piuttosto naturale, sono state assemblate melodie, poi abbiamo strutturato i testi. Il nostro immaginario spazia tra diversi generi musicali: sonorità Post Rock, Grunge, New Wave e Trip Rock, anche se definire un genere musicale non è mai facile.
Quale è stato il percorso che vi ha portato fino a “Memorie dal futuro”?
Il nostro album di esordio come band, “Memorie dal futuro”, è il risultato dell’urgenza di voler scrivere senza vincoli artistici di nessun genere. Le canzoni sono nate libere e raccontano un pezzo di mondo che non si accetta. L’album evoca emotivamente un “non luogo” dove non ci sono riferimenti bellici, armi o nemici, ma un immaginario di rivolta che può essere in ogni dove e in ogni momento, verso una società che non sa comprendere, un analfabetismo emotivo ed umano che evoca i tempi più bui.
Come nasce un brano dei Leda? Esiste un iter compositivo o ogni brano ha una storia a sé? Vi dedicate prima alle liriche o alla tessitura musicale?
Tranne che ne “Il sentiero”, scritto di getto portando con sé musica e testo, le canzoni provengono per la maggior parte delle volte da sessioni di improvvisazione in sala prove. Si parte da un riff di chitarra, da una linea di basso o da un groove di batteria e, in maniera del tutto naturale, quasi “magica”, piano piano ogni parte diventa un pezzo di una canzone. Infatti, a parte che in “Nembutal”, i pezzi, seppur articolati, rispecchiano la forma canzone. A volte dal cantato in inglese finto nasce il testo in italiano, a volte il testo esiste di suo e viene adattato con una melodia sull’improvvisazione, perché nella musica trova senso di esistere. La maggior parte delle parole sono state sistemate in una seconda fase con uno scrittore, quinto elemento del gruppo, con cui collaboriamo.
A cosa un autore non dovrebbe mai rinunciare?
Alla libertà di espressione ed al riconoscimento – anche in termini economici – del suo lavoro, da molti visto ancora oggi come una professione non definita. Ogni autore non dovrebbe mai rinunciare alla propria originalità ed unicità solo perché qualcuno stabilisce cosa è giusto e cosa è sbagliato o cosa va di moda oppure no. Noi abbiamo deciso di suonare e scrivere esattamente quello che ci piacerebbe ascoltare e questa è già una grossa conquista.
Scena italiana oggi. Come sta cambiando? Vantaggi e svantaggi rispetto al passato e opportunità per una band indipendente.
E’ difficile definire il concetto di scena musicale in Italia, è un mondo in continuo mutamento e spesso manca l’elemento sociale e culturale che contraddistingueva, ad esempio, le varie scene nate in Inghilterra dalla nascita del Punk ai primi anni 2000. Oggi in Italia sembra tutto mischiato: le major che producono artisti indie e artisti indie che scrivono per le major. Poi ci sono nicchie più strette e settoriali che sono molto ferme nel rivendicare il loro mercato cercando, al contrario, la “non contaminazione”. Forse la nuova scena più identificabile è costituita dalla Trap e da tanti giovani Trapper. La nostra estetica è volutamente anacronistica, perché non saremmo credibili con risvoltini alle caviglie e testi scanzonati. Infatti, per noi quello che non si deve mai dimenticare è da dove si viene, le proprie radici, le band che hanno aperto la strada prima, quelle che sono di riferimento. I vantaggi di questo momento è che non esistono più regole precise o strategie di marketing a priori, perciò si è incentivati a fare ancor di più ciò che si ama suonare. Le opportunità per una band indipendente vanno cercate e stanate con una buone dose di costanza, dedizione, impegno e soprattutto tanta “tigna”. Ed ovvio che non basta la bella foto su Facebook o Instagram, prima o poi il pubblico vuole anche ascoltare quello che fai. Gli svantaggi si celano negli apparenti vantaggi: a livello di promozione e comunicazione, tutti postano e mandano quello che fanno al mondo, ma scremare e selezionare chi ha veramente qualcosa da dire risulta difficile. E questo secondo noi vale anche per gli addetti ai lavori come discografici e proprietari di locali live. Insomma non è tutto oro quello che luccica!
10 anni dopo l’impatto con il digitale. Oggi l’industria musica sembra stia trovando una nuova modalità operativa? Come la vedete?
La vediamo molto complessa e non basterebbero poche righe per spiegarla. Per noi non esiste in questo campo una cosa completamente sbagliata o giusta. Siamo nell’era del digitale, ma vinili e musicassette sono tornati alla grande. Le due cose dovrebbero convivere, i giovanissimi dovrebbero saper maneggiare un vinile così come sanno usare le varie piattaforme di musica on line. Sarebbe anche bello che i negozi di dischi tornassero ad essere affollati come lo erano un tempo. Il passato può vivere con il presente ed il presente può imparare tanto dal passato.
Perché Soundreef?
Perché ci piace l’idea di poter scegliere liberamente a chi affidare i propri brani per la tutela, perché è chiaro e semplice da usare, perché fa parte di quella idea di modernità che ci piace e perché i monopoli ci assomigliano alle dittature. Ci piace perché semplifica le cose anche per i gestori dei locali e perché siamo stanchi di compilare tonnellate di carta a fine concerto. Ci piace perché permette a tutti i musicisti di potersi iscriversi in maniera del tutto gratuita, ci piace perché fa parte di un’Italia che guarda al futuro. Insomma, è un “promemoria dal futuro”.