Ciao ragazzi, come nasce la Scala Shepard?
Il gruppo si può dire essere nato per strada. Ci conosciamo già da diverso tempo, ma non abbiamo mai pensato di fare una band insieme.
Nel 2014, durante l’autunno/inverno, abbiamo cominciato ad incontrarci per le strade di Trastevere, in compagnia di altri amici, organizzando per i vicoli e le piazze di questo quartiere feste a dir poco improvvisate, dove suonavamo con strumenti più o meno convenzionali (da chitarre e violini a bottiglie).
Da questi incontri occasionali è nata l’idea di unire le forze per dare vita ad un progetto comune, senza alcun piano in mente. È stato l’incontro di diverse realtà che in un modo del tutto naturale si sono trovate a convivere bene insieme.
Che novità avete in serbo per il prossimo futuro?
Abbiamo in cantiere molti brani nuovi, che stiamo testando nei nostri live; prima o poi riusciremo anche a registrarli (forse). È un periodo molto pieno di concerti, e questo è un bene, perchè ci permetterà di arrivare in studio di registrazione con le idee molto più chiare per quanto riguarda il nuovo disco. Del resto la sala prove è il luogo dove i brani vengono concepiti, il live è dove vengono partoriti.
Che cosa si deve aspettare il pubblico il 31 marzo al Lanificio dal vostro live?
Uno spettacolo forte e frizzante, daremo tutta l’energia che abbiamo su quel palco!
Preghiamo comunque gli spettatori, nell’inspiegabile caso non gli piaccia il nostro show, di evitare di lanciarci frutta secca, che il nostro bassista ne è molto allergico.
Che idea avete della scena indipendente in Italia?
In Italia la scena indipendente sta vivendo un periodo di fermento incredibile. A Roma, a Bologna, in Sicilia in particolare c’è una grande rinascita del genere cantautoriale e della musica popolare, nel senso più lato del termine.
Il suono italiano continua in qualche modo a “scimmiottare” i modelli esteri, ma lo fa con molto più buon gusto e originalità rispetto agli anni passati. Purtroppo però il pubblico sembra essere sempre più disattento, e questo è dovuto soprattutto al bombardamento di informazioni a cui è quotidianamente esposto.
C’è una eccessiva offerta, e questo non permette ai contenuti di sedimentarsi nella coscienza delle persone.
Quali sono secondo voi le caratteristiche positive ed i limiti di quest’epoca a livello di scena musicale e di organizzazione di eventi?
Di aspetti positivi se ne possono trovare molti: stiamo vivendo un’epoca caratterizzata dal “Fai Da Te”, una dinamica questa che è potuta nascere grazie a Internet, un mezzo che sta diventando sempre più avanzato e ricco di possibilità.
Questo da un lato permette una grande indipendenza da parte dell’artista, che può esprimersi e costruire la propria strada liberamente, contando soprattutto sulle proprie forze (che possono schematizzarsi in talento e iniziativa personale); dall’altro le mille difficoltà che l’artista oggi si trova ad affrontare per sostenere l’enorme carico di lavoro che deve portare avanti per farsi pubblicità, scrivere, registrare musica, organizzare eventi e chi più ne ha più ne metta, fa sì che solo chi è realmente motivato continua a spingere la propria musica.
Per quanto riguarda l’organizzazione di eventi, il tracollo dell’industria discografica non ha di certo giovato alla loro salute. Rispetto a qualche anno fa, tuttavia, la situazione è migliorata, si vede più fermento, più voglia di suonare dal vivo, forse anche perchè è rimasta l’ultima dimensione dove può essere ancora scoperta musica originale italiana.
Parliamo di diritti d’autore: quale è la vostra esperienza a riguardo? Che cosa dovrebbe o potrebbe cambiare secondo voi? Cosa pensate della proposta di Soundreef che sfrutta le tecnologie per ripartire le royalty in modo analitico, veloce e trasparente?
Abbiamo avuto a che fare con la SIAE soprattutto quando si è trattato di organizzare spettacoli nei teatri. La SIAE oggi sembra essere sempre più insicura, sempre più chiusa nelle sue burocrazie: è incapace ad adattarsi a questa epoca moderna, dove i progressi tecnologici hanno stravolto non solo il modo in cui il pubblico fruisce della musica, ma anche il concetto stesso di diritto d’autore. Non è stato mosso un solo passo per modernizzare questo sistema, che continua a restare in molte sue parti incomprensibile per chi, come noi, non ha molta esperienza nella “giurisprudenza della musica”.
La difesa dei diritti d’autore ha bisogno di innovazioni profonde, che non possono fermarsi ai timidi provvedimenti che negli ultimi tempi la SIAE ha provato ad adottare.
Per questo, realtà come Soundreef sono indispensabili in questo momento, c’è bisogno di uscire il prima possibile da questa situazione di stallo.
Grazie ragazzi, ci vediamo il 31!