Il 27 Febbraio esce il primo libro sul Rap per bambini, scritto da Kento e illustrato da AlbHey Longo. Francesco ‘Kento’ ci parla di com’è nato il progetto e della collaborazione con Milo del collettivo Original Artisti, che ha conosciuto tramite Soundreef.
Ciao Kento, come nasce l’idea di ‘Te lo dico in Rap’?
L’idea nasce dalla considerazione che ormai esiste un’editoria Hip Hop, anche in Italia.
Ci sono così tanti libri, e così tanti libri di generi differenti, che quello che ormai negli Stati Uniti è vero da decenni adesso è vero anche in Italia: esiste un’editoria Hip Hop. Gran bella notizia sia per l’Hip Hop che per il mondo dell’editoria!
Non esisteva invece ancora un libro Hip Hop per bambini in Italia, cosa che invece esisteva già negli Stati Uniti, ad esempio con la Sugar Hill Gang, famosa per Rapper’s Delight. Loro da molti anni fanno i cosiddetti ‘Rap Along’ per i bambini, quindi hanno fatto qualcosa di specifico dedicato ai bambini. Mi piaceva molto quest’idea, e mi piaceva molto l’idea di provare a trasmettere qualcosa ai bambini e ai ragazzi, non solo a livello tecnico sul come fare rap, ma anche a livello più educational: trasmettere qualcosa relativo ai valori, al perché, dove e come nasce, ma anche il senso di riscatto e rivincita personale e sociale che c’è in nuce nella nascita della cultura Hip Hop. Anche perché questi bambini sono immersi da sempre nell’Hip Hop, ci sono immersi fin da quando sono nel liquido amniotico, ma probabilmente non ne possono avere ancora una visione chiara e pulita, perché per loro è una cosa che esiste da sempre.
Secondo me è raro che un bambino o un ragazzo di oggi si interroghi sulla nascita dell’Hip Hop così com’è raro che un quarantenne o un cinquantenne si facesse le stesse domande sulla nascita del Rock. Ma, se l’Hip Hop è il Rock dei nostri anni, è indispensabile fare questo tipo di discorso, proprio perché i ragazzi non ne abbiano una visione distorta. Cioè raccontare esattamente quello che succede e non prendere scorciatoie anche sui temi difficili, perché nell’Hip Hop c’è tanta illegalità legata ai graffiti o alle prime feste in cui si rubavano la corrente dai pali elettrici, Hip Hop è droga e parolacce, edonismo, sessismo. Sono tutti temi che io, con l’aiuto dell’editore e di chi mi ha seguito, ho trattato in maniera mirata per ragazzi, ma ne ho parlato, non ho trascurato niente, ed è una cosa di cui sono molto fiero.
È un periodo questo in cui si parla tantissimo di appropriazione culturale, è un grande trend, ed è curioso perché la cultura afroamericana negli ultimi anni ha cambiato un po’ il posizionamento, è diventata di fatto spesso parte importante della cultura mainstream, e l’ha fatto non modificando i linguaggi che l’avevano lanciata come controcultura. Secondo te com’è cambiato in questo senso l’Hip Hop e come è cambiato il percepito? E che percepito c’è in Europa della cultura afroamericana?
L’Hip Hop al giorno d’oggi è un fenomeno mondiale, globale, vede anche delle declinazioni molto diverse nelle varie parti del mondo. Basta guardare l’Hip Hop britannico o l’Hip Hop francese quanto possano essere simili o diversi rispetto a quello statunitense. Dall’altro lato per fortuna, e ribadisco: “Per fortuna”, quello che non può cambiare è la storia, la matrice culturale. Siamo stati molto attenti a questo anche nelle illustrazioni del libro, nel visualizzare quello che raccontiamo, perché se nella copertina vedi ragazzi e ragazze di gruppi etnici diversi, nelle rappresentazioni che parlano della storia e della nascita dell’Hip Hop non vedrai mai persone non afroamericane in maggioranza, perché quello è ciò che è successo nel Bronx negli anni ‘70.
Quindi, tenendo sempre conto del fatto che si tratta di un libro per ragazzi, che semplifica, che non è un’enciclopedia, che non è esaustivo, abbiamo comunque cercato di essere filologicamente corretti sia dal punto di vista del racconto storico, che dal punto di vista del racconto socio culturale, che dal punto di vista del racconto iconografico.
È vero che l’Hip Hop ha un punto di vista globale e sarà sempre di più così perché, ripeto, l’Hip Hop è il Rock’n’roll degli anni 2000, ma è vero anche che dal punto di vista della matrice culturale è una cultura afroamericana, e questo va rispettato ed anche raccontato in maniera molto chiara ed esplicita.
Nella cultura dell’Hip Hop è stato sempre centrale il concetto di featuring, oggi non c’è disco Hip Hop che non esca con almeno 3 o 4 feat importanti. Tu in questo tuo progetto stai collaborando con una giovane crew di Torino che hai conosciuto tramite Soundreef. Ti chiedo un po’ come stia andando questa collaborazione e quanto pensi sia importante collaborare per ampliare le proprie visioni musicali?
Sicuramente è molto importante e molto simbolico per me lavorare con dei ragazzi così giovani, oltre che così in gamba. Anche l’illustratore, tra l’altro torinese anche lui, è molto giovane, è un ragazzo degli anni ’90. È importante parlare tramite più generazioni per raccontare il percorso dell’Hip Hop che è stato molto vario ed accidentato, ma che secondo me ha mantenuto i suoi valori più importante in mezzo a tante stupidaggini ed in mezzo a tante cose più superficiali.
Sicuramente trovare questo tipo di collaborazione tramite Soundreef per me è stato un elemento molto importante, ad esempio anche vedere come dei ragazzi così giovani si misurano dal punto di vista del suono che racconta non solo lo sviluppo ma anche la nascita dell’Hip Hop. Per me è molto significativo vedere come creativamente un ragazzo di 20 anni possa ricreare e risuonare un breakbeat degli anni ’70, dell’epoca di suo nonno mi verrebbe da dire. Non è forse qualcosa che arriverà fino in fondo ai bambini, o forse sì, ma la ricerca musicale è uno degli aspetti fondamentali di questo libro, e da questo punto di vista la collaborazione tramite Soundreef è stata veramente preziosa e importante.
Come pensi reagiranno i bambini a questo tuo libro?
Se posso essere presuntuoso io ho più dubbi sugli adulti che sui bambini. Nel senso che i bambini sono nativi Hip Hop cioè sanno per istinto. Io quando vado nelle scuole o a fare i laboratori e dico: “facciamo una strofa”, o quando dico: “facciamo Rap”, i bambini sanno perfettamente di cosa parlo, sanno cos’è un dissing, hater o i termini dell’Hip Hop, loro sanno esattamente di cosa si tratta. Da parte mia il discorso è mettere un po’ di ordine nella conoscenza e dare un po’ di metodo, farli lavorare in maniera ordinata e consapevole. Su di loro francamente non ho dubbi, mi auguro quindi che nel mio piccolo questo libro sia utile anche gli adulti, che siano insegnanti, genitori o operatori, su quello sì, sono molto curioso di vedere come andrà a finire.
In bocca al lupo Kento!
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