Non sarei stato capace di fare due cover di Luigi Tenco, e onestamente non le volevo nemmeno fare. Il tema della serata, dal titolo di una delle sue canzoni, era “come mi vedono gli altri”. E allora mi sono chiesto davvero chi è Luigi Tenco per me, in che misura ha ispirato e influenzato la mia scrittura e in che modo potevo provare a restituire una parte di tutto ciò alla sua famiglia, ai suoi amici e alla vastissima comunità dei suoi ascoltatori.
Il primo passo è stato scegliere le canzoni da portare sul palco dell’Ariston. Ero sul treno, di ritorno da un concerto, con l’intera discografia in cuffia, e la mia attenzione si è posata quasi subito su due titoli: Io Sono Uno, una sorta di manifesto del Tenco sociale che “non nasconde le sue idee” e Triste Sera, un notturno d’atmosfera che mi ha ricordato le sonorità di Chet Baker, di cui il cantautore genovese era un grande ammiratore.
Se scegliere è stato facile, il passo successivo è stato sicuramente più traumatico: si trattava di spezzare il tessuto musicale originale e ricomporlo col campionatore, in modo da creare una base musicale su cui potessi scrivere. La sensibilità e lo stile di Dj Fuzzten, uno dei pochi veri musicisti del giradischi che conosco, ha reso possibile tutto ciò, e a quel punto toccava a me prendere la penna in mano.
La contemporaneità di questo autore mi è esplosa in mano, ve lo giuro. I due testi si sono scritti da soli in pochissimo tempo. Non so e non giudico se siano buoni (di certo non all’altezza degli originali che mi hanno ispirato): dico solo che per me è stato un momento importante e terapeutico, che mi porterò dietro a lungo. Su Io Sono Uno, passando per la mia storia personale, ho inserito un riferimento all’attualità più scottante proprio a pochissimi chilometri da Sanremo:
Io sono uno che ha storie di famiglia
non distanti da quelle dei migranti a Ventimiglia
per cui non voglio frasi fatte ed ovvietà
la superficialità: “non sono razzista ma…”:
se l’unica canzone che hai sentito era una sigla
sciacquati la bocca quando parli di chi emigra.
Su Triste Sera le immagini diventano spesso sensazioni, e viceversa:
Triste sera come blues nei vecchi dischi,
come macchie su spartiti nelle mani dei jazzisti.
I miei poeti preferiti sono morti
e la musica di oggi ormai la senti, non la ascolti.
Il resto era fuori dal mio controllo, ed è andato nel migliore dei modi possibili. Il direttore d’orchestra, Mauro Ottolini, ha dimostrato un’intelligenza musicale e un’elasticità fuori dal comune. Pensavo di essere un rompiscatole nel costringerlo ad un arrangiamento così diverso dagli altri, e invece abbiamo finito per divertirci insieme un bel po’.
Quello che è successo sul palco l’avete sentito in parecchi in radio, e lo vedrete in 2 belle serate televisive in programma a breve, quindi non vi dico nulla. Ma quello che purtroppo non avete visto né sentito sono le jam session ad alto tasso alcolico in cui mi sa cha abbiamo creato qualcosa di magico ed irripetibile. Una leggenda dice perfino che Peppe Voltarelli abbia fatto rap… ma io non posso confermarlo né smentirlo!
Soundreef è stata un partner fondamentale in questo viaggio. Al di là della presenza giorno per giorno e del supporto logistico, mi ha fatto sentire sempre considerato e tutelato, comprendendo in pieno che il senso di eventi come il Premio Tenco non sta nei milioni di dischi venduti ma nel riscoprire – in ogni nota e ogni parola che scriviamo – il senso di questa nostra musica. Grazie.