Una decina di giorni fa ha annunciato il suo passaggio a Soundreef. Oggi per la prima volta abbiamo occasione di scambiare qualche parola con il rapper e blogger Kento e di intervistarlo sul nostro blog.
Ciao Kento, la tua è una lunga strada fatta di Hip Hop, militanza e non solo. Raccontaci di te. Come è iniziato tutto questo?
Inizia tutto negli anni ’90, un periodo molto fertile per il rap italiano che, tra l’altro, coincide con la cosiddetta “golden age” dell’Hip-Hop made in USA. Ho cominciato a scriveremolto presto, alle scuole medie, ma senza alcun tipo di ambizione artistica. Poi, gradualmente, le cose si sono fatte più serie, sono salito su qualche palco, le cose mi sono andate sempre meglio… ed eccomi qua. Chiaramente non ci può essere crescita artistica senza crescita personale, e questi vent’anni sono stati ricchi di esperienze, di luoghi e di persone. La musica è sempre stata una compagna di viaggio fedele, e per questo non posso che ringraziarla.
Mi auguro che sia così anche per i prossimi vent’anni.
Abbiamo il nuovo album di Kento & The Voodoo Brothers quasi pronto. Presto annunceremo ufficialmente la data d’uscita, e ci sono molte sorprese in vista. Sempre entro il 2016 vedrà la luce anche un altro tipo di progetto per me totalmente inedito: si tratta del mio primo libro, a cui sto lavorando insieme ai ragazzi di Round Robin Editrice.
Per adesso non posso dire altro ma, anche da questo punto di vista, ci saranno novità molto presto.
Insomma, se tutto va bene, mi si prospetta una stagione molto impegnativa davanti…
Sicuramente si sta molto differenziando, si stanno sviluppando sottogeneri e tendenze in maniera più accentuata rispetto a qualche anno fa.
La scena ormai è molto ampia e ci sono molte cose brutte, ma anche molte cose belle… e io onestamente preferisco concentrarmi su queste ultime, anche perché c’è molto da ascoltare anche tra i ragazzi che hanno cominciato da poco. Dall’altro lato, capisco che con un affollamento del genere sia sempre più difficile farsi notare, perché il rumore di fondo è forte ed in certi periodi escono probabilmente 3 o 4 dischi rap alla settimana.
Da questo punto di vista, il consiglio che mi sentirei di dare a chi inizia adesso è di provare a misurarsi coi palchi e con la realtà live piuttosto che soltanto con i social network.
Avrei parecchi nomi da segnalarvi, e ho anche scritto un post su questo argomento sul mio blog. Però, anche qui, il consiglio che mi sentirei di dare a chi vuole scoprire o approfondire la scena della propria città è di non fermarsi a quello che accade sui social network, ma di andare nei luoghi dove si fa questa musica dal vivo.
Bisogna mantenere viva la cultura del “cypher”, del cerchio di mc nato in strada.
Come spieghi il successo che ha avuto il rap sulle nuove generazioni?
Sicuramente la potenza comunicativa del rap è un elemento fondamentale. Ma c’è anche la profonda “democraticità” del mezzo: chiunque può scrivere rime. Non serve conoscere la musica, non serve una strumentazione sofisticata, non serve nemmeno essere intonati.
Un altro elemento di cui tenere conto è il profondo legame del rap con altri elementi, quali il djing, la break dance, i graffiti – ma anche il cosidetto “street fashion” – che influenzano senza dubbio i ragazzi.
Oggi tutti portano il New Era e le Jordan, ma se non ci fosse stato l’Hip Hop non sarebbe sicuramente stato così. E da qui potrebbe nascere un discorso interessante sul rapporto tra Hip-Hop e marketing… ma forse mi sto spingendo un po’ troppo in là.
Perchè hai scelto Soundreef?
Sicuramente la trasparenza è un elemento fondamentale. Tutto è chiaro, tutto è accessibile. Ma l’elemento che mi ha convinto, alla fine, è quello personale: nei rapporti con Soundreef hai sempre la certezza di avere un essere umano dall’altro lato del telefono o del computer.
Un essere umano che comprende le tue esigenze e prova ad aiutarti: non un terminale, non un burocrate per cui sei soltanto un numero di matricola.
Fin quando Soundreef manterrà questo approccio, penso che non potrà che incrementare il suo roster e il suo successo.