Avanguardista della scena chiptune underground, gamer e musicista. Kenobit, nome d’arte di Fabio Bortolotti, ci racconta la sua soluzione creativa per creare musica.
Ciao Fabio! Hai trasformato una console che ha caratterizzato gli anni 90 in uno strumento vero e proprio, unendo la passione del gaming a quella della musica. Come ti è venuta l’idea di smanettare con i Game Boy 30 anni dopo la loro uscita?
Diciamo che mi è venuta un po’ prima, quando il Game Boy stava per compiere 20 anni. Dopo un passato da batterista punk, rimasto orfano della band, mi dilettavo con qualche produzione elettronica. Mi sono imbattuto in un VST che emulava i suoni del vecchio NES (la console domestica di Nintendo) e ho pubblicato una traccia su 8bitcollective, un sito ormai defunto che ai tempi era il punto di riferimento della community della chiptune. Tramite quel fatidico post ho conosciuto arottenbit, che era già attivo con un Game Boy puro, senza computer. L’ho sentito suonare, mi sono innamorato del suono e mi sono buttato. Ho recuperato un Game Boy e ho iniziato a studiare LSDJ, il programma che uso ancora oggi per scrivere i miei pezzi. Sono stato subito accolto nell’headquarter italiano di Micromusic.net, ai tempi composto da Tonylight, Pablito el Drito, arottenbit e Nazzilla. Da lì non ho mai smesso di esibirmi con il Game Boy e di organizzare concerti.
Milano Chiptune Underground: la serata in 8 bit. Parlacene un po’.
Milano Chiptune Underground è nato da me e arottenbit, dopo un concerto ad Anversa. Abbiamo realizzato che era da un po’ che non venivano organizzate serate chiptune a Milano, e che noi non eravamo più ragazzini. In anni di attività avevamo accumulato contatti con i migliori musicisti della scena, ma anche con i locali e gli spazi adatti alla nostra idea. Eravamo pronti per fare le cose un po’ più in grande.
Ci siamo trovati e abbiamo definito i tratti del progetto: Milano Chiptune Underground avrebbe presentato il suono che per noi è più indicativo dell’8 bit contemporaneo: non beat allegri e “confettosi”, ma ritmi techno, scuri, d’avanguardia. Abbiamo deciso di slegare completamente la comunicazione dal concetto di videogioco: è vero che usiamo dei videogiochi per fare musica, ma non vogliamo che siano un gimmick. Usiamo Game Boy, Commodore 64, Atari ST, Amiga e affini perché hanno un suono unico, non perché vogliamo fare leva sulla nostalgia.
Così, con flyer ciclostilati, in stile punk DIY, siamo riusciti a creare una festa che funziona bene, con artisti da tutto il mondo e un pubblico sempre più numeroso. Non abbiamo statistiche precise, ma in questo momento MCU è senza dubbio la festa chiptune più grande d’Europa. Organizzarla è sempre una faticaccia, ma ne vado molto fiero.
La tecnologia sta cambiando il modo in cui componiamo e creiamo musica. Il tuo caso è molto curioso perché questa tecnologia esisteva già 30 anni fa. Oggi c’è chi costruisce e manipola suoni digitalmente. Tu come li gestisci i suoni?
Io lavoro interamente sul Game Boy. Tutta la mia musica nasce senza passare da un PC moderno. Da un lato lo faccio perché mi piacere preservare la purezza del sound del Game Boy (che è molto più potente di quanto si possa pensare), dall’altro perché mi piace avere uno studio portatile. Con il Game Boy posso lavorare in treno, in aereo, in spiaggia. So usare anche DAW, come FL Studio e Ableton, e ogni tanto mi diverto a smanettare con synth più moderni, ma alla fine torno sempre su Game Boy.
Come componi di solito un tuo brano? Cosa scatena la tua creatività?
Può sembrare strano, ma il motore della creatività, per me, è la limitazione. Il Game Boy ha potenzialità audio molto ridotte: ha quattro voci monofoniche, solo tre delle quali emettono note. Per ottenere un sound ricco e potente, quindi, bisogna trovare soluzioni creative, sia nell’arrangiamento, sia nella creazione dei suoni. Molto spesso è proprio da una soluzione creativa che nasce l’ispirazione per un pezzo.
Cosa pensi della scena in Italia? C’è spazio per la qualità?
C’è molta qualità, ma soprattutto c’è molto futuro. Rispetto ad altre realtà estere, dove ci sono grandi nomi ma pochi talenti emergenti, noi abbiamo una nuova generazione di musicisti che si sbattono attivamente nella scena. Compongono, suonano in giro, organizzano concerti. Vedere così tanto entusiasmo e così tante nuove leve mi scalda il cuore e mi fa ben sperare per il futuro della scena. E non dimentichiamo che abbiamo veterani incredibili, come Tonylight, Pablito el Drito e arottenbit, attivi sin dagli albori della micromusic.
Come mai la scelta Soundreef?
Perché ho sempre detestato l’approccio di SIAE e credo che un’alternativa sia vitale per il futuro della musica in Italia.