Un mix di suoni R&B, soul e pop con melodie accattivanti e testi profondi: questo è Jamie Sparks, un musicista canadese che ha condiviso il palco con artisti del calibro di Rihanna. Una commovente storia di un artista che ha trasformato il dolore in musica.
Ciao Jamie! Parlaci un po’ di te: da dove vieni? Fare musica è sempre stato il tuo sogno?
Ciao! Vengo da una piccola comunità chiamata Cherry Brook vicino Halifax (Nuova Scozia) sulla costa est del Canada. La musica è sempre stata presente nella mia famiglia. Tutti e 7 i miei fratelli sono musicisti. In passato suonavamo sempre insieme, un po’ come i Jackson 5 ma versione gospel. Quando ero più giovane mi piaceva molto smontare e rimontare le cose. Anche oggi mi piace aggiustare le cose, tipo le macchine etc. Roba di elettronica principalmente. Quindi in verità io ho sempre pensato che sarei diventato un tecnico o un meccanico. Ma la musica era una cosa diversa, mi ha sempre portato gioia e allegria. Mi ricordo che una volta qualcuno mi disse “la musica è come un sorriso che ti senti addosso”. Quindi col passare del tempo, ho deciso di continuare a fare musica… ed eccoci qui!
I tuoi brani sono ricchi di elementi soul e R&B; quali sono le tue principali fonti di ispirazione?
L’R&B ha decisamente influenzato la mia musica. Mi ispiro principalmente ad artisti come New Edition, Michael Jackson, R. Kelly, Keith Sweat, Maxwell, Brian McKnight, Anita Baker, producers come Dr. Dre & Teddy Riley… giusto per dirne un paio.
Wake Up Call: uno dei tuoi brani più evocativi e toccanti, accompagnata da un ritornello che non riesci a toglierti dalla testa. Dal video sembra la canzone sia dedicata a qualcuno di speciale. Ti va di parlarcene un po’?
Quando ho scritto questa canzone non avevo alcuna intenzione di creare nuova musica, e di sicuro non un disco intero. Questa canzone è dedicata alla memoria di mio figlio Josiah, che è stato assassinato a Settembre del 2017 all’età di 22 anni. È stato un momento molto difficile per tutta la mia famiglia. Avevamo un rapporto molto stretto, è stata dura. Quel giorno ci aveva invitati ad una cenetta in famiglia nel suo nuovo appartamento. Nel giro di pochi giorni siamo passati dal dover organizzare una cena a dover organizzare un funerale. Una volta finito, non sapevo cosa fare e mi sono rifugiato nella musica. Le canzoni uscivano dal cuore, una dopo l’altra, quasi senza sforzo finche non ho finito il disco. Credo sia un modo carino per ricordare Josiah.
È un gesto davvero bello, Jamie. Il ricordo di Josiah sarà per sempre inciso in questo disco.
Ho letto che hai condiviso il palco con artisti di spessore come Akon e Rihanna. Parlaci di questa esperienza.
Sì, ho fatto da opening act per entrambi ogni volta che sono venuti a Nuova Scozia al festival “Summer Rush”. C’erano circa 10,000 persone. Per loro sarà stata una cosa normale ma per me è stata un’esperienza incredibile.
Quali sono state le tue difficoltà principali a livello di composizione e produzione all’inizio della tua carriera e come sono cambiate col tempo?
Le radio nordamericane passano canzoni che si assomigliano parecchio. Sono quasi tutte uguale e penso che questo avvenga perché alla gente non piacciono i cambiamenti. La sfida più difficile per me è stata quella di riuscire a creare musica originale, ma non così diversa da quella alla quale la gente è abituata. È difficile essere obbiettivi e fare un passo indietro per valutare i pregi e i difetti dei pezzi. Penso che la mia musica sia migliorata molto con gli anni. A volte ancora non capisco se i pezzi siano belli o meno. Per quanto riguarda la produzione all’inizio è stata dura perché non avevo abbastanza soldi per andare da un produttore professionista. Quindi ho imparato a fare tutto da solo: scrivere, arrangiare, suonare, produrre, registrare, mixare. L’unica cosa che non faccio è il mastering. So farlo, ma non mi piace. Ogni canzone è un viaggio. Mi piace la musica che faccio, e spero piaccia anche al pubblico!
La tecnologia, come gli strumenti, software e hardware destinati alla produzione musicale, sembrano essere diventati imprescindibili al giorno d’oggi. Come si manifesta questo nel tuo lavoro?
A me piace usare attrezzatura “vecchia”, un po’ perché mi ci trovo meglio e un po’ perché sono tirchio 😊. Nel mio studio principalmente trovi tutto quello che trovi in altri studi: tastiere, chitarre, mixer, monitor, microfoni ecc. Per registrare utilizzo Cubase 6 e Reason 5 che mi pare siano vecchi di 10 anni. Questi sono stati i miei aggiornamenti più recenti. Quindi di certo non uso la tecnologia più moderna, ma non penso sia sempre necessario. Penso sia più importante saper utilizzare al meglio ciò che hai, in modo tale da spendere meno tempo sugli aspetti tecnici e più tempo su quelli creativi.
Qualche consiglio agli artisti emergenti?
Ascoltate generi diversi. Entrate in sintonia con la musica e, soprattutto, fate musica che vi piace!