Un cantautore con una storia incredibile: ecco Tavo. Partendo dai primi passi fino al suo album “Funambolo”, pubblicato a marzo…
Ciao Tavo, quando hai iniziato a fare musica? Quale è stato il percorso che ti ha portato fino alla pubblicazione di “Funambolo”?
Ciao, in risposta alla questa domanda ho un evento preciso.
Premessa: ho sempre vissuto con i nonni fin da piccolo. La casa in cui vivevamo era una vecchia catapecchia comunicante con un’antica e storica chiesa del paese.
Nel 2003 con un falso pretesto fummo sfrattati dalla curia e dal vescovo (puoi immaginare il mio attuale rapporto con la chiesa…). Da quel giorno un po’ per sfogo, un po’ per nostalgia, iniziai a gettare su carta i miei pensieri divenuti poi testi.
La musica l’ho incontrata qualche tempo dopo… in casa c’è sempre stata una chitarra, apparteneva al fratello di mia madre, anche lui musicista, scomparso nell’oceano alle Seychelles a soli ventiquattro anni, per salvare un turista che stava annegando.
Intraprendere la sua stessa carriera per me significava essere inevitabilmente sottoposto al paragone che avrebbe fatto il piccolo paese in cui vivo e la mia famiglia. Lui era un gran musicista ed un eroe.
Insomma, anche nel piccolo è stata dura ottenere credibilità!
Negli anni successivi ho studiato e fatto tanta gavetta come chitarrista, più di 350 concerti negli ultimi quattro anni con un gruppo di tre amici. Uno dei quali, Lorenzo Chiesa, amico d’infanzia e tuttora bassista nel mio disco, mi iscrisse due anni fa, a mia insaputa, ad un concorso per cantautori emergenti.
Avevo solo 5 brani pronti, tant’è che suonai la metà degli altri partecipanti.
Alla fine quel concorso lo vinsi pure e da lì a poco venni contattato dalla Noize Hills Records (etichetta discografica) con la quale sono tutt’ora sotto contratto per la produzione di “Funambolo”.
Ed eccomi qua!
Che tipo di disco è venuto fuori? Che cosa rappresentano per te i brani che lo compongono?
Nel disco parlo dei “funamboli” della vita: persone le cui scelte comportano il distacco da ogni certezza e stabilita quotidiana.
Tutte le scelte importanti ci fanno barcollare, lasciandoci sospesi, come dico in una canzone: “a un kilometro da Dio, a un metro dai nostri guai”; è solo in questa precarietà che, secondo me, accadono le cose più importanti della nostra vita.
Questo album è VERO, dalla prima all’ultima traccia, è la mia vita in ordine cronologico, raccontata attraverso melodie leggere, testi falsamente ironici e bellissime illustrazioni fatte da Lorenzo Chiesa, grafico per una nota azienda, che ringrazierò sempre.
Scrivere musica. A cosa un cantautore non deve mai rinunciare?
Sarò banale, ma credo che la spontaneità sia fondamentale in questo mestiere.
Essere se stessi quando si scrive porta ad avere maggiore credibilità ed impatto quando poi ci si ritrova sul palco. Il pubblico se ne accorge subito quando ciò che racconti non ti appartiene.
In un certo senso è un lavoro di comunicazione.
Hai realizzato il tuo album attraverso una campagna su Musicraiser. Che idea ti sei fatto del crowdfunding? Che tipo di esperienza è stata?
Per me Musicraiser è stato un bel trampolino di lancio, non tanto come risorsa economica, quanto come un “sondare” se vi fosse la necessità o meno di produrre questo album.
Con grande stupore ho trovato supporto da ogni regione d’Italia.
Il crowdfunding comunque non è una passeggiata, è un’esperienza che sottrae molte energie e richiede molto impegno sui Social.
Che idea hai della attuale scena italiana. Quali sono i fenomeni che reputi più interessanti?
Personalmente sono stato inserito nell’attuale filone indie/pop, pertanto è questa la scena che vivo ogni giorno.
Credo sia un periodo florido per artisti ed etichette indipendenti, le quali in certi casi sono riuscite a distogliere l’attenzione dalle Major.
Raggiungere il grande pubblico per merito artistico, senza necessariamente essere supportati da un nome blasonato, come molti artisti stanno facendo, è un fenomeno interessante!
Che cosa potrebbe essere utile per aiutare la scena a crescere?
Mai come oggi, anche partendo dal nulla, si può fare la differenza, la stessa Soundreef ne è un esempio.
In realtà credo vi siano già tutti i presupposti per far sì che la scena possa continuare a crescere.
È compito poi dell’artista prendere coscienza sugli attuali mezzi offerti.
Bisogna informarsi e fare scelte consapevoli!
È importante fare musica che ci piace e non quella che va di moda, poi se le due cose coincidono ben venga.
Perché Soundreef? Quanto può essere utile per un artista sapere in tempo reale dove viene trasmessa la propria musica in radio e TV?
Credo che i traguardi raggiunti da Soundreef siano l’ennesimo esempio dell’attuale rivoluzione sociale, politica, artistica e culturale che stiamo vivendo.
Tante cose in questo Paese stanno in piedi solo grazie al nome altisonante che le tutela, ora però le cose stanno cambiando ed io ho scelto di essere parte attiva di questo cambiamento.
Questo ambiente è già di suo ricco di insidie, gli artisti si trovano ogni giorno davanti a mille punti interrogativi burocratici, direi che in tutto ciò, conoscere in tempo reale dove viene trasmessa la propria musica non sia utile ma VITALE!
Grazie Tavo. In bocca al lupo!!!