Chi ha visto la cantautrice statunitense Gillian Grassie dal vivo sa che “il talento di Gillian è capace di incantare giovani e meno giovani con la sua voce e la sua arpa”. Il suo ultimo tour in Italia è stato interamente fatto con licenza Soundreef. Le abbiamo fatto qualche domanda su musica, vita da Tour e… royalty.
Ciao Gillian, puoi raccontare qualcosa di te alle persone che non hanno ancora avuto il piacere di ascoltare la tua musica? Quando è iniziata la tua carriera e che cosa hai realizzato recentemente?
Ho iniziato a cantare forse prima che potessi parlare. Avevo tre o quattro anni quando ho cominciato a prendere lezioni di arpa. Ho dovuto aspettare quasi un decennio per prenderci la mano. Ma dal primo momento in cui l’ho suonata, ho capito subito che questo strumento sarebbe diventato una parte centrale della mia vita. Me ne sono completamente innamorata. Escludendo le poesie e le canzoncine d’avanguardia composte al mio cane da bambina, ho iniziato a comporre i primi brani all’età di quattordici anni.
A diciannove è uscito il mio primo EP. Da allora sono seguiti due album full-length. Attualmente sono al lavoro sul mio ultimo progetto, che sarà lanciato nel Marzo 2016. Spesso sono in Tour. Da quando mi sono laureata all’università, non credo di essere mai stata nello stesso posto per più di tre mesi. Ho viaggiato con la mia arpa attraverso qualcosa come quindici paesi in quattro continenti. Proprio in questo momento mi trovo in India, per esibirmi in un matrimonio epico che durerà ben sette giorni!
Come è stato il Tour che hai fatto in Italia? Cosa pensi del pubblico italiano?
L’Italia è uno dei paesi che preferisco in assoluto quando vado in Tour. Il pubblico è caldo, amichevole ed entusiasta. Si percepisce un apprezzamento autentico per l’arte, profondamente radicato nella cultura del Paese. Inoltre, il cibo è FAN-TAS-TI-CO, soprattutto in Sicilia. Il paesaggio è stupendo, e ogni volta che ho qualche ora a disposizione tra un concerto e l’altro, mi trovo a vagare di notte con il tecnico del suono fra cattedrali cinquecentesche, a raccogliere olive in mezzo alle campagne o a fermarmi a visitare un sito dell’UNESCO, patrimonio mondiale dell’umanità. Come è accaduto a Paestum, dove sono capitata proprio di fianco al sito archeologico. L’Italia è incredibile. Mi sento davvero fortunata ad aver avuto la possibilità di andarci in tournée. Mi piace passarci del tempo e del paese ho visto molto, molto di più in questo modo di quanto avrei mai potuto fare come turista.
Com’è stata la tua esperienza con il servizio di raccolta delle royalty per i live proposto da Soundreef?
Non poteva essere più semplice. Credo che la registrazione abbia richiesto al massimo un quarto d’ora, senza il bisogno di una stampante né di dovermi recare all’ufficio postale. Mi piace, inoltre, che il contratto si possa recidere con facilità, nel caso in cui qualcosa nella mia situazione professionale dovesse un giorno cambiare. Ed è grandioso che non avrò bisogno di dover aspettare un pagamento annuale o biennale, ma giusto un paio di mesi dalla fine del tour. Tempi di risposta piuttosto veloci rispetto a quelli delle Performance rights organisation (PRO). Per non parlare della percentuale dei compensi, molto, molto più vantaggiosa di quella proposta da qualsiasi altro competitor da me incontrato. Ritengo che Soundreef sia una società moderna, reattiva, in contatto con le esigenze dei musicisti e dei locali di medio livello. E’ riuscita a razionalizzare il proprio modello di business al punto da essere ormai in grado di offrire sia un tasso di licenze più conveniente agli spazi sia un maggior margine di guadagno ai propri musicisti, paragonata alla concorrenza. Una situazione ‘win-win-win’ per tutti.
Ci sono degli aspetti innovativi del servizio che ti hanno colpito? L’hai trovato difficile da usare?
Il fatto che tutte le pratiche burocratiche siano digitali e espletabili online, comprese le firme, è fantastico per una persona come me abituata a viaggiare molto. Volendo, avrei potuto registrare e/o aggiornare il mio catalogo da qualsiasi parte del mondo con una semplice connessione wifi. Lucian, un ragazzo molto intelligente, professionale e cordiale, è stato disponibile a rispondere a tutte le mie domande su Skype e, in pratica, non è intercorso nessun tempo d’attesa tra la mia iscrizione e la registrazione dei miei lavori.
Ho sbrigato queste pratiche appena qualche giorno prima dell’inizio del Tour in Italia. Una cosa folle considerando i normali tempi burocratici. Solo per fare un paragone, alcune PRO richiedono la consegna di molti più documenti (cartacei), comprensivi della scaletta e delle informazioni sullo spazio almeno con un mese in anticipo, se si vuol essere retribuiti per quegli spettacoli. Di sicuro non ho speso neanche i dieci minuti che ero solita perdere dopo ogni concerto in Italia, per scarabocchiare su un foglio tutte le canzoni da me eseguite e le business info sul modulo SIAE, sapendo che non avrei visto nemmeno un centesimo per il disturbo.
In che spazi ha suonato? Che ne pensavano di Soundreef Live?
Erano sale d’ascolto per lo più piccole. Ho tenuto solo pochi concerti in locali con una capacità superiore alle 100 persone. Credo che la media fosse compresa fra le 60-75 persone, la capienza in cui preferisco suonare perchè si riesce a creare un’atmosfera più intima, ideale per un’interprete o una cantautrice come me. Molte delle sedi in cui mi sono esibita erano associazioni culturali (ARCI, ad esempio), gestiti da persone che stavano solo cercando di creare buoni luoghi di aggregazione e spazi per la musica dal vivo nelle loro città. La risposta è stata dovunque positiva. A tutte queste realtà Soundreef è piaciuta molto, soprattutto perché costa loro molto meno per l’utilizzo. Aspetto, questo, fondamentale per chi lavora con esigui margini di profitto.
Qual è il tuo approccio generale alla raccolta delle royalty e che tipo di rapporto hai avuto con le PRO nel corso della tua carriera di cantautrice?
Sono stata in generale molto delusa dai servizi di raccolta delle royalty (i miei compensi vengono trattenuti, inghiottiti, e divisi tra gli autori più importanti dalla BMI negli Stati Uniti). Li evito con solerzia perché troppo restrittivi e perchè non mi offrono la flessibilità di suonare anche senza licenza ad un house concert per gli amici, ad esempio, o di eseguire musica in strada, cosa che a volte mi piace fare molto.
Le royalty relative alle performance sono state una fonte di reddito alla quale ho praticamente rinunciato o che ho perso in passato. A mio avviso la maggior parte delle PRO sono aziende gigantesche che si ostinano ad operare come se l’industria musicale non fosse ancora cambiata dal 1995, come se in qualche modo avessero perso l’avvento di Internet. In realtà non forniscono alcun tipo di servizio che si adatti alle esigenze degli artisti come me, che stanno vivendo con la propria musica in modo tranquillo e modesto, senza il supporto di un’etichetta discografica. Sono pertanto entusiasta che un’azienda come Soundreef sia arrivata sulla scena, per colmare quell’enorme vuoto che incombe nel mercato. Mi auguro davvero che riesca ad estendersi ad altri territori, perché sta svolgendo un ottimo e importante lavoro, e sta facendo realmente la differenza, tanto per gli artisti indipendenti quanto per i piccoli spazi che propongono musica dal vivo.
Traduzione a cura di Loredana Menghi