Come si arriva a scrivere un pezzo o un disco? L’ispirazione può avere qualsiasi forma. Gianluca Montebuglio ci racconta dei suoi ‘Appunti per un disco’, un retroscena su come si può fare musica.
Ciao Gianluca, ‘Appunti per un disco’ è il tuo nuovo progetto. Raccontaci… di cosa si tratta?
Ciao ragazzi, ‘Appunti per un disco’ è una piccola narrazione di ciò che dovrebbe portarmi al prossimo lavoro. Il racconto assume diverse forme: annotazioni scritte, foto, video. Questa intervista.
Da cosa nasce quest’idea? Dove porteranno questi appunti?
L’idea è nata a casa, parlando con la mia compagna. Mi ero reso conto che i tanti cambiamenti degli ultimi mesi mi avevano allontanato, oltre che dalla Campania, anche da ciò che stavo già suonando in pre-produzione. Avevo iniziato un nuovo lavoro di scrittura in solitaria, che ho sentito da subito molto più mio, e man mano è cresciuta la consapevolezza di voler cantare nient’altro che le mie giornate, più che quelle degli altri, come fatto in ‘È tutto bellissimo’ e come avevo iniziato a fare. E le mie giornate sono come quelle di tutti, piene di persone, lavoro, proiezioni, ricordi, lavatrici da fare. Insomma, di vita.
‘Appunti per un disco’ sarà un prodotto anche fisico, veri e propri appunti cartacei: ci racconti un po’ meglio?
Sì, l’idea è questa. E ho intenzione di farla crescere man mano. Magari sarà tutto così lento che il cartaceo potrebbe diventare il supporto fisico al disco stesso, o magari sentirò l’esigenza di pubblicare gli appunti non digitali, tutti insieme. Non ho ancora deciso. Per farlo devo prima capire un paio di cose, sia in termini di esigenze creative che di collaborazioni. Fisico o digitale che sia, tendo a non vedere mai le due cose separate: i canali si uniscono in modo naturale grazie al contenuto.
Spero di creare per bene quello.
Nel progetto parli di alcune collaborazioni. Dicci di più, perché in musica è importante collaborare? Ci sono artisti con cui ti piacerebbe condividere questi appunti?
Sono un autore, più che altro. Credo nella necessità di fare le cose per bene, divertendosi. Non sono un professionista della musica e questa cosa implica già di suo un lavoro collettivo. Inoltre, per indole, tendo alla collaborazione. Di solito alla fase di scrittura segue sempre una condivisione con le persone a me più vicine, cioè Lorenzo De Gennaro (produttore e co-arrangiatore del mio primo progetto), l’etichetta e un paio di amici musicisti e musicofili di cui mi fido. Per il prossimo disco, al momento, è confermato il supporto di Lorenzo e della Octopus Records. A loro si è aggiunto il sostegno di uno studio di produzione e stiamo prendendo contatti con chi si occupa di booking e stampa, ma andrà approfondito tutto quando saremo più avanti con la produzione.
Ci sono diversi artisti con cui mi piacerebbe condividere gli appunti e, soprattutto, il disco. Non l’ho ancora chiesto a tutti quelli che vorrei mi supportassero, magari lo faccio così, con queste parole: sarei felice di far interpretare l’unico pezzo in napoletano che ho scritto a Raffaele Giglio (Gentlemen’s agreement e Giglio), uno degli artisti partenopei che più ammiro. Vorrei condividere gli arrangiamenti anche con Alessandro Toto dei Pentothal, una band di cui sono amico e che adoro per l’assoluta libertà compositiva. Con altri ho già preso contatti, ma magari ne parleremo poi.
Possiamo considerare questo progetto come un dietro le quinte? Quali momenti del fare musica vengono rappresentati in questo tuo progetto?
È un dietro le quinte, sì. O meglio, è un togliere le quinte e lasciare vedere quella parte di quotidiano che mi spinge a scrivere canzoni. Sono appunti di varia natura, come dicevamo: un collage di parole, musiche e immagini che spero possa essere creativamente autonomo ma anche utile a segnare e narrare il percorso che mi porterà al disco. Fare musica, seguendo questa visione, diventa anche pensare musica, vivere e nel mentre annotare un po’ ovunque, chiudersi in sala con i musicisti. Significa anche parlare con i clienti del Bar Ciccio sotto casa, portare Ciro a spasso in villa Chigi o lasciarlo a casa e andarci con la chitarra. Mi piace pensare ad appunti per un disco come a un inno all’immediatezza, all’estemporaneo da fissare.
Far conoscere la propria musica è sicuramente un aspetto importante: come ti organizzi per gli eventi live e la promozione? Cosa consiglieresti ad altri musicisti?
Per i live fatti finora, ho avuto il sostegno dell’etichetta, di un mio caro amico che lavora nel management di eventi artistici e di varie persone che in modo molto spontaneo mi hanno chiamato a suonare. Anche per la promozione è andata più o meno così.
La diffusione di ‘È tutto bellissimo’ probabilmente ha risentito delle disponibilità economiche ridotte. Il risultato è stata una critica molto positiva, dei concerti davvero belli e pochi numeri ‘digitali’. Non me ne sono fatto un cruccio, in realtà, perché so che quel tipo di risultato dipende anche da fattori non economici, e non è, spesso, in grado di restituire un quadro veritiero delle cose.
Nulla contro l’ascolto in streaming e i like – davvero nulla, anzi – ma il discorso credo sia più ampio e complesso di un click. E dentro quel discorso, c’è l’attenzione delle persone, a esempio, oppure la voglia di lavorare comunque in modo più strutturato e non per forza a botta di singoli su YouTube. Consigli davvero non saprei darne. Non mi riescono bene, ma proprio per nulla. Piuttosto, se c’è da confrontarsi davanti una birra, la pago io. A chiunque ne abbia voglia.
Prima di salutarci: porterai la tua musica ed i tuoi appunti in giro per l’Italia o dovremo aspettare un nuovo disco?
Ho alcune date in acustico, sì, e ne sono contento. Il 21 febbraio sarò al Sottoposto di Eboli, poi in primavera altri live che non vedo l’ora di fare.
Grazie Gianluca e in bocca al lupo!
Ti seguiremo.
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