Gentle Eyes In The Gloom è un nuovo progetto che vede coinvolti Diego Galeri (Adam Carpet, Timoria, Miura), Giovanni Calella (Adam Carpet, Kalweit and The Spokes) e Barbara Cavaleri (songwriter e interprete). Abbiamo avuto il piacere di farci raccontare come è nato e in che direzione intende andare.
Ciao ragazzi! Come e quando è nato il progetto?
Diego: il progetto Gentle Eyes In The Gloom è nato un paio di anni fa da un’idea mia e di Giovanni Calella che suona con me in Adam Carpet. Avevamo una pausa con la band di alcune settimane così abbiamo pensato di scrivere musica io e lui in studio. Nell’arco di un paio di settimane ci siamo trovati ad avere una decina di brani abbozzati che ci piacevano molto. Sentivamo però, che ci sarebbero volute delle melodie cantate da una voce femminile per completarli e abbiamo chiamato Barbara. A lei sono piaciuti i brani e l’idea di lavorarci. Nei mesi successivi Barbara ha scritto le linee di voce e i testi e abbiamo completato il tutto registrando nello studio di Giovanni.
Come sono venuti fuori i brani e con che idea? Come avete scritto? Di getto o avete lavorato a lungo e cesellato a lungo il materiale? Avete lavorato con gli strumenti in mano o davanti ad un pc?
Giovanni: Prevalentemente le canzoni sono nate con synth e computer.. abbiamo aggiunto tracce a strati, aggiungendo o sostituendo suoni man mano… Pian piano si è stratificato un suono sempre più completo, e poi con le voci abbiamo fatto lo stesso. Infine abbiamo riplasmato la musica sulle linee vocali…
Diego: la scrittura è stata molto spontanea, siamo partiti da alcuni groove che ho scritto io utilizzando Logic per registrare synth, drum machines e campioni, Giovanni poi ha preso in mano il tutto e ha elaborato i brani, poi assieme abbiamo sistemato le strutture. A quel punto Barbara ha scritto melodie e testi e poi registrato le tracce di voce. Il tutto è stato abbastanza veloce anche se poi abbiamo lasciato sedimentare i brani per qualche tempo per poi riaprirli e finalizzare i mix.
Qual è il concept dell’album? Esiste un messaggio, un fil rouge che unisce tutte le tracce?
Barbara: gli spunti che mi erano arrivati, suggerivano atmosfere molto diverse tra loro, alcuni più scuri, mi riportavano a ritmiche anni’80, altri decisamente più moderni e brillanti come mondi sonori. Ho apprezzato molto il lavoro creativo di Diego e Giovanni e ho proposto loro dei testi e delle melodie scritte di getto solo basandomi sui loro ascolti. Ho scelto di parlare di un mondo fantastico e popolato da creature inventate da un immaginario totalmente inaspettato. Ho lasciato che i temi fossero la gerarchia all’interno di una società, appunto popolata da creature inedite, la libertà di scelta, un inneggiare all’unione di teste pensanti verso un mondo più colorato, più positivo e creativo, la resistenza intellettuale e la solidarietà verso coloro che subiscono soprusi a cui purtroppo assistiamo, anche se da lontano. Forse è una risposta interiore a ciò a cui assistiamo attorno a noi o sui media.
Giovanni: Per quello che riguarda il suono, la scelta è caduta su un sound elettronico che rimanda ad atmosfere anni ’80 e ’90, ma non sempre, spesso ci sono soluzioni più moderne grazie anche all utilizzo degli strumenti digitali. Abbiamo seguito i nostri gusti, penso che questo sia stato il vero filo conduttore.
Musica elettronica e approccio suonato. A quale dei due aspetti avete voluto dare più importanza?
Giovanni: Sicuramente, essendo nato come progetto e non come una band, l’aspetto di produzione è privilegiato. Ci sono parti suonate ovviamente, ma l’approccio è decisamente elettronico anche nell’utilizzo delle voci sia per come sono state concepite sia per come sono state poi trattate.
Che dimensione avranno live i Gentle Eyes In The Gloom? Che cosa dobbiamo aspettarci?
Diego: Al momento, data la natura del progetto, non abbiamo l’esigenza di suonare le canzoni del disco dal vivo. Valuteremo nei prossimi mesi se, come e quando pensare ad un live show che in ogni caso, dal punto di vista musicale, rispetterà il sound elettronico del disco.
Il vostro suono è molto europeo. Quali sono le band che seguite con più attenzione nella scena europea?
Barbara: l’idea era riprodurre il più possibile un suono vocale che fosse parte della musica, uscendo dall’idea di canzone pop, ma dare ai pezzi una veste inaspettata anche per noi stessi. Le melodie sono tutte frutto di un background globale che attinge da soul, gospel, jazz, r&b, mixate con mondi più elettronici, vedi Janelle Monae, Kimbra, Erykah Badu, ma ancora prima Nina Simone, Etta James, Marvin Gaye… Molto importanti i layer di voci, chiave di molti pezzi per me.
Giovanni: Le band e gli artisti che seguo sono tanti e diversificati… in genere mi piacciono molto gli artisti che sanno rielaborare il passato con l’attitudine del presente.
Milano e scena musicale. Come sta cambiando?
Barbara: siamo in un momento di totale rivoluzione, quindi: bene! Devo anche però dire che avendo vissuto all’estero, vedo Milano sicuramente un polo di svolta per la scena musicale italiana, ma ancora timido rispetto al fermento che c’è fuori. Confido nei giovanissimi, ne ho conosciuti molti proiettati verso mondi musicali fuori da logiche di mercato conosciute.
Perché Soundreef?
Diego: perchè credo sia giusto avere la libertà di scegliere a chi affidare il collecting dei diritti d’autore delle proprie composizioni. Inoltre Soundreef è una società moderna e giovane che lavora in modo analitico e chiaro nei confronti degli artisti che possono in qualsiasi momento avere un riscontro sulla propria attività e sulla diffusione della propria musica.
Grazie mille ragazzi e in bocca al lupo!