Ciao, come e quando nasce il progetto “Pintadera”?
Ciao! “Pintadera” nasce dopo due anni di ricerca tra le varie anime della Sardegna: la parte ancestrale e magica rappresentata dal brano “Pintadera”, quella religiosa di “Deus ti salvet Maria” passando per l’orgogliosa storia medievale dell’isola ( “Arborèa ed Hermosa”) seguita da un episodio del ventennio fascista (“Angelinu”) , fino ad arrivare al dialogo con i giovani indolenti di oggi (“Scidadindi” trad. Svegliati).
Scrivere musica. Come nasce un tuo brano? Ti dedichi prima al testo o alla tessitura musicale?
Il più delle volte, ascoltando o leggendo una storia, mi trovo proiettato all’interno di essa così intensamente che trasformo in musica le emozioni che vivo in quel momento; altre volte la melodia di una canzone viene fuori improvvisamente e di getto si delinea subito la trama principale seguita dalla bozza del testo.
La tradizione folk in Italia. Come è cambiata nel tempo e come ha accompagnato l’evoluzione del suono pop e rock nel nostro Paese?
La musica folk è la vera musica “pop” perché patrimonio del popolo, tramandata ed utilizzata per rivivere i suoni, le tradizioni e le lingue nella loro forma più antica e nel suo spirito più puro. Anche se in un recente passato si è cercato di relegare il folk in un ambito marginale rispetto agli altri generi musicali economicamente più redditizzi. Oggi siamo davanti ad una riappropriazione dal punto di vista storico e tecnico della musica folk da parte di molti artisti, spesso sconosciuti ai più, ma che sono riusciti a ridestare l’interesse del folk e questo è dimostrato anche dai numerosi festival folkloristici. L’unica band che ritengo sia riuscita ad sviluppare un vero rock proveniente dal folk mediterraneo sia stata la PFM, le altre realtà sono delle copie di quello oltre manica e statunitense.
Lingua sarda e musica. Come mai la scelta di utilizzare la lingua sarda? Esiste una tradizione di folk in lingua sarda a cui ti rifai?
Io sono nato a Roma da genitori sardi e nella nostra casa si respirava la cultura e la tradizione sarda. La Sardegna era la radice dalla quale si proveniva e l’albero al quale fare ritorno. Questo sentimento è maturato in me studiando e vivendo la storia e le storie della Sardegna, fatta di una cultura antica e nuova, di donne forti e uomini fieri. Usare il sardo nelle mie canzoni era doveroso per rendere onore a questa gente.
Dal punto di vista musicale, a parte i canti della tradizione sarda, le influenze maggiori le ho ricevute da cantautori come Franco Madau e De Andrè, dalle ballate di John Denver e Billy Joel e dalla la musica celtica irlandese, bretone e scozzese.
Come ti sembra oggi la scena in Sardegna, in Italia e in Europa in generale. Quali sono le cose più interessanti?
La Sardegna è piena di talenti che hanno solo bisogno di essere valorizzati dando loro lo spazio giusto per esprimere le loro creazioni. Purtroppo si lasciano molti eventi ai soliti noti o peggio ancora alle band “di replicanti”, le cover band che, insieme ai talent show, non fanno che portare ad un crescente decadimento musicale e culturale. In Europa esiste certo il fenomeno replicanti ma la priorità è per le nuove idee e a chi ha saputo rinvigorire la tradizione locale. I festival di Brighton, Edimburgo, Mosca o Tallin permettono di far conoscere il proprio progetto musicale all’estero ad un pubblico di professionisti del settore.
Nuove generazioni e linguaggi musicali. Come sta cambiando la musica generazione dopo generazione a tuo modo di vedere? Quali sono le cose più interessanti che le nuove generazioni stanno portando? E quali invece i linguaggi della musica folk che sono e resteranno intramontabili?
Appartengo a quella generazione che si sono trovati nel periodo di cambiamento musicale dovuto alla rivoluzione digitale, ma che per fare musica hanno imparare a suonare uno o più strumenti musicali e a sgomitare per trovare uno spazio in cui suonare. Molti delle nuove generazioni pensano che suonare sia mettersi davanti un computer a montare tracce e loop scrivendo “io, io, io! mio, mio, mio!” creando l’ultimo successo. Il problema sta nell’educazione all’arte sonora totalmente esclusa, se non in rarissimi casi, dal mondo della scuola. Ciò ha portato ad un graduale svuotamento dei valori formativi dell’arte musicale. Nel sistema educativo si relega la musica in un ruolo secondario, di semplice intrattenimento, rispetto ad altre realtà scolastiche europee; non si attribuisce alla musica una dignità pari a tutte le altre materie di insegnamento. La musica “buona e matura” è un bene sociale da insegnare e tramandare. Per musica “buona” intendo quella capace di raccontare, insegnare e che costringe a pensare ( forse oggi l’atto piu’ rivoluzionario!). Mi riferisco, alla canzone d’autore (di De Andrè, Guccini, Branduardi, De Gregori…) che è stata una vera e propria rivoluzione linguistica sbocciata in cantate folk e in ballate, segnate dalla ricerca della rima colta. I “cantautori” degli anni Sessanta e quelli immediatamente successivi hanno lasciato un segno indelebile ed al momento ineguagliabile.
Perché Soundreef?
Perchè non aspettavo altro. Non ho mai depositato i miei brani in SIAE considerandola sempre un associazione gestita da dinosauri. Sono iscritto a Soundreef dal 2015 e ne sono soddisfatto perché è gratuita, trasparente e non esclusiva, mentre quando ti iscrivi alla SIAE paghi e addio…a meno che tu non faccia parte del giro dei dinosauri!