Tools for songwriters: quali sono gli strumenti del mestiere di chi scrive canzoni? Ne abbiamo parlato con Enrico Ruggeri, tra i più grandi autori oggi in attività.
Ciao Enrico. Lavorare su un brano: tu di solito da cosa parti? Parti da una melodia che hai in testa, un’armonia, un testo? Quali sono di solito gli step?
Un insieme: un testo con già una frase… magari con già dentro della musica. Diciamo che scrivo contemporaneamente le parole e la musica, quasi sempre. A volte mi capita di scrivere prima la musica, ma mai prima le parole. O contemporaneamente o parto dalla musica e immediatamente dopo la collego a una frase a un argomento, a qualcosa.
Si dice spesso che l’ispirazione quando arriva, arriva. Tu ci credi a questo o pensi che sia più importante il lavoro metodico?
Tutte e due le cose. L’ispirazione deve arrivare perché comunque una canzone deve essere frutto anche del cuore, non solo del cervello. Naturalmente più passano gli anni più si riesce a canalizzarla l’ispirazione, a renderla più concreta in tempi brevi. Quindi a sveltire le procedure.
Ti è mai capitato per esempio di sentire l’esigenza improvvisamente di scrivere un brano magari in una situazione non proprio adatta e hai dovuto svincolarti velocemente per questa necessità, o situazioni del genere?
Sì, magari prendere appunti. Svincolarmi no, però magari prendere appunti e dal quel momento aspettare il momento, tornare a casa, e mettermi comunque davanti ad un pianoforte.
Tu scrivi al pianoforte quindi solitamente?
Io scrivo al pianoforte con in braccio la chitarra. Perché non essendo né un super pianista né un super chitarrista diciamo che di due cose ne faccio una, e quindi magari a volte la melodia che ho in testa si abbina a un’armonia che mi arriva prima alla chitarra e a volte invece il pianoforte.
Quando scrivi, di solito, capisci subito quando stai facendo qualcosa di buono? Oppure ti capita più spesso di dover lasciare maturare il brano, riascoltarlo dopo un po’, con un po’ di distacco?
Assolutamente la seconda. Cioè, io scrivo una canzone, non sono bravo nel ritoccarla. Io la scrivo tutta, fino in fondo, dopo di che nel momento in cui l’ho scritta mi sembra meravigliosa, ma siccome conosco me stesso e la vita, allora la lascio li, poi magari la riprendo una decina di giorni dopo e spesso succede che la butto via. Però invece ci sono i casi nei quali la canzone viene promossa diciamo così.
Invece, nella fase successiva, ti è mai capitato che un brano che hai scritto, una volta terminato e passata la fase di produzione vera e propria, abbia assunto un carattere completamente diverso da quello che avevi previsto in origine.
Ma si perché comunque ho sempre tenuto conto dei consigli, dell’intervento delle persone che facevano i dischi con me. Quindi sicuramente succede che chi arrangia il pezzo, è chiaro che li arrangio io, ma li arrangio assieme ad altre persone, quindi uno magari uno unisce del suo, aggiunge del suo e quindi inevitabilmente la canzone prende anche delle strade diverse rispetto a quelle che pensavo stessero per prendere.
E tu nell’arco del tempo hai cambiato spesso collaboratori, o hai la tendenza ad avere un team?
No, negli ultimi anni soprattutto. Dai Decibel in poi. Comunque, con i Decibel c’erano altri musicisti che sono rimasti con me per questo disco. Sono molto contento perché sono particolarmente creativi, hanno una buona vena. Sono molto ispirati in questo periodo.
Ottimo. Siamo molto curiosi… Senti, anche per un autore del tuo calibro, ci sono giorni in cui scrivere una canzone non è così facile?
Sì. Ovviamente. Succede, magari succede che cominci ma poi magari devi uscire, ti suona il telefono, finisce la magia. L’importante è che su 365 giorni, una ventina di giorni buoni ci siano.
Ci sono delle soddisfazioni che a livello compositivo ti sei tolto che magari non necessariamente corrispondono al giudizio della critica? C’è una canzone a cui sei particolarmente attaccato per qualche ragione?
Assolutamente. Molte ma molte che magari conoscono solo i miei fan, conoscono solo quelli che hanno comprato l’album. Io ritengo che le mie migliori canzoni non siano quelle che hanno avuto più successo. Anzi, ci sono in ogni album 2 o 3 outsider; canzoni delle quali sono molto fiero. Che magari poi, ripeto, non sono diventate un singolo, non sono passate in radio e il grosso pubblico non le conosce.
Ultima cosa. Consigli per gli autori di domani: quali sono 3 cose che un ragazzo che inizia questo percorso deve tenere a mente?
L’equilibrio tra l’autostima, che è importante, ma anche l’autocritica. Per cui, in effetti si sbaglia sia se ci si stima troppo, si esagera troppo nel pensare di essere i più bravi del mondo, ma si sbaglia anche se si rimane sommersi dai dubbi e si continua a dire “non va bene niente, gli altri son più bravi”. Quindi è fondamentale l’equilibrio. Poi, lavorare molto sul punto debole. Per esempio, io ascolto tanti pezzi dove capisco che gli autori, siccome sono convinti del testo che hanno scritto, hanno promosso anche la musica. Allora il mio consiglio, al meno io faccio così, quando scrivo un pezzo nel quale il testo mi sembra veramente bello, provo a cantarlo in inglese maccheronico. Cioè, tolgo il suo punto di forza. A quel punto se la musica sta in piedi lo stesso, vuol dire che con in più anche il testo, che mi sembra bello, la canzone decolla. Invece a volte mi accorgo che ero stato troppo indulgente con la musica solo per salvare il testo. E allora lì bisogna ricominciare da capo.
Ultima domanda, un po’ fuori tema. Anche quest’anno sarai a Sanremo. Questa volta nella serata dei duetti. Il pezzo dei Negrita: com’è nata la collaborazione, e che tipo di brano è?
E’ un brano molto bello, evocativo. Diciamo medio tempo, ma suonato con l’energia tipica dei Negrita. Una canzone che secondo me funzionerà molto.
Grazie mille Enrico e in bocca al lupo!