Jacopo e Lorenzo vivono a Roma, tra Pigneto e Centocelle. Sono Le Sigarette. Se li cercate su Google, non sono di certo il primo risultato.
Jacopo: Il nome nasce perché Lorenzo era una famoso scroccatore di sigarette. Le sottraeva a chiunque, con una specifica mossa chirurgica, in silenzio, al volo.
Lorenzo: Non ho mai alimentato il mercato. Fumavo senza acquistare. Poi ho smesso definitivamente, nel luglio del 2016.
Perché?
L: Perché – da batterista navigato – ho l’acufene, mi fischia l’orecchio. Avevo letto, tra le altre cose, che il consumo di sigarette aggrava il problema: per via della combustione e della nicotina. Così ho finito di leggere l’articolo e ho smesso lì per lì.
Ma hai continuato a suonare. Come vi siete conosciuti?
J: Suonando insieme in un gruppo di percussioni; si era in tanti e si suonava per strada. Un giorno ci siamo trovati solo io e Lorenzo in sala, con la batteria e la chitarra; è stata una bomba. E sono nate Le Sigarette.
Come si sta al Pigneto?
L: Bene. Se vuoi fare il musicista, vivere qui è la cosa più comoda: ci sono i locali, i negozi di dischi, e tutti gli altri musicisti.
J: E ci stanno anche tanti discount….fondamentali per chi fa il musicista.
Riuscite a vivere solo di musica?
J: Sì; ma non non solo con la musica suonata. La mattina spesso insegno ai bimbi, e poi faccio anche il fonico. Insomma, ho dovuto costruirmi tutta una strutturina auto-organizzata, per vivere di questo.
L: Io non proprio: suono e ogni tanto mi arrangio con lavoretti extra. In passato ho fatto booking per altre band. Ma probabilmente è l’unica cosa che rende meno della musica suonata. Si lavora di più e si fanno meno soldi: è incredibile. Se invece mi chiedi se il mio obiettivo è di vivere solo di musica…bè, ti rispondo di sì. E che forse non è così lontano.
Le Sigarette hanno un loro metodo compositivo?
L: Sì.
J: No.
L: Sì, perché per l’ultimo disco l’ho imposto io, per vedere cosa succedeva. La parte musicale è nata direttamente in sala. Magari io avevo un ritmo di batteria, e Jacopo iniziava a suonarci sopra. Oppure tutto partiva da un riff di chitarra. E sopra ci abbiamo montato delle linee vocali.
J: Cose come parapapòpò, pepè, làlàlà.
L: E alla fine abbiamo scritto i testi.
J: Che è stato un lavoro difficillisimo; bisognava stare dentro le metriche e rispettare le atmosfere che la musica aveva già creato. In certi casi ci sono voluti mesi
L: Ma credo che tutto questo abbia reso le composizioni più fruibili, lineari.
Un posto in cui siete incappati durante i vostri tour, e in cui tornereste a suonare domani?
J: Il Club dell’Olmo, a Santa Fiora (Grosseto). Saranno 25 metri quadri. Si suona fino alle 3 di notte; e si dorme a casa di Igor, il gestore del locale. Ai concerti vengono dei personaggi incredibili delle campagne intorno. Vogliono i volumi alti. Non vedono l’ora di essere pettinati da te.
Quale diritto vorreste avere, come autori?
L: Il diritto di essere musicisti anche a livello fiscale. In alcuni stati europei è la normalità… È una risposta da quarantenne, lo so.
J: Io ho 36 anni, ma sono perfettamente d’accordo con Lorenzo.
A cura di CTRL magazine