Non è nostra intenzione alimentare una polemica che rischia di essere strumentalizzata da più parti e degenerare in una discussione nella quale le singole parole e i dettagli prendono il sopravvento sulle cose serie.
Troviamo, naturalmente, anche noi singolare che la moglie di un Ministro dei beni e delle attività culturali che ha, tra l’altro, la vigilanza sulla Società italiana autori ed editori (SIAE) e che, negli ultimi mesi, si è pubblicamente speso molto per difenderne l’esclusiva, lavori proprio per un Gruppo che, oltre a occuparsi in maniera importante di cultura, gestisce la gran parte del patrimonio immobiliare della stessa SIAE, un patrimonio che vale centinaia di milioni di euro.
Ci stupiamo inoltre del fatto che l’attenzione sia più sulle parole di Fedez che su un patrimonio immobiliare da centinaia di milioni di euro accumulato negli anni da SIAE. Forse anziché chiedersi se Fedez abbia sbagliato nell’usare questa o quella espressione bisognerebbe chiedersi come sia possibile che una società che rivendica in ogni sede il fatto di essere un ente senza scopo di lucro che agisce esclusivamente nell’interesse degli autori abbia accumulato una simile ricchezza, se tale patrimonio immobiliare è gestito in modo profittevole e se gli utili – ammesso che vi siano – sono ripartiti equamente tra gli autori e, soprattutto, chi ne beneficerà un giorno.
Da quando questa vicenda – ormai diversi mesi fa – è rimbalzata su tutti i principali media nazionali senza mai essere smentita, tuttavia, abbiamo deciso di non utilizzarla proprio per evitare il rischio di strumentalizzazioni e inquinamento di un dibattito che, per quanto ci riguarda, è assai più importante di quello che sta monopolizzando l’attenzione di giornali e social ormai da ore: un autore, in Italia, nel 2017 è libero o non è libero di decidere a chi affidare l’amministrazione dei suoi diritti e, dunque, la sua arte, la sua carriera e il suo futuro?
E siamo contenti che l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato abbia di recente avviato un’istruttoria proprio allo scopo di accertare se quello dei diritti d’autore, anche in Italia, debba essere un mercato libero e aperto o se, al contrario, sia lecito perpetuarne il regime di monopolio che lo contraddistingue, unico in Europa, da circa due secoli.
E’ di questo che ci piacerebbe si continuasse a discutere ma certo davanti a un Ministro della cultura che minaccia azioni giudiziarie nei confronti di un artista che ha affidato alla nostra società la gestione dei suoi diritti e alla Società italiana autori ed editori, che si ripropone addirittura di “agire con la massima durezza consentita dall’ordinamento giuridico” contro un autore, avvertiamo almeno la necessità di precisare che Fedez ha raccontato – probabilmente peccando in eccesso di sintesi – un fatto vero e inoppugnabile: la moglie del Ministro dei beni e delle attività culturali, infatti – ed è niente di meno su questo che dovrebbero essere costruite le due azioni legali che si ripromettono di far giustizia – NON “gestisce” il patrimonio immobiliare della SIAE ma lavora per un Gruppo che gestisce tale patrimonio.
Ci sembra davvero la pagliuzza negli occhi del vicino indicata fingendo di non vedere la trave nei propri.
E, comunque, si tratta – a tutto voler concedere – di un’imprecisione da eccesso di sintesi che fa il paio con quella nella quale è in corso ieri lo stesso Ministro Franceschini in un’intervista a La Repubblica quando ha detto che Fedez agirebbe ignorando la disciplina europea ovvero – ma questo il Ministro lo ha solo lasciato intendere – violandola.
Circostanza, naturalmente, niente affatto vera giacché tale disciplina, in modo inequivocabile, riconosce a ogni autore la libertà scegliere, in tutta Europa, la società alla quale affidarsi per la tutela dei propri diritti. Ed è esattamente quello che Fedez ha fatto lasciando SIAE e passando a Soundreef.
Lasciamo che i Tribunali si occupino di cose serie e che, almeno le idee e le opinioni restino libere di circolare e confrontarsi.