Clavdio è una delle voci Indie della scena romana, la sua ‘Cuore’ su Spotify ha più di 7 milioni e mezzo di ascolti. Prima del lockdown ha girato la Germania per l’apertura delle date di un artista europeo, e da qualche settimana potete ascoltarlo anche nella colonna sonora di Summertime, la nuova serie italiana targata Netflix.
Qual è stato il momento in cui hai capito che la musica avrebbe avuto un ruolo importante nella tua vita e che cosa rappresenta oggi per te?
Ho capito che la musica era importante per me da quando sono bambino. Da quando sono bambino ho iniziato a scrivere canzoni e non ho più smesso. Oggi per me rappresenta anche il mio lavoro, quindi oltre alla passione di una vita è diventata adesso anche un lavoro.
Processo di scrittura: come nasce la tua musica solitamente? Tessitura sonora, testi, produzione?
Le mie canzoni nascono quasi sempre da un’idea che mi appunto magari sul telefono, sia nel caso di una melodia che registro, o se si tratta di testo l’idea me la scrivo al volo così rimane lì. Poi questa melodia e questo testo li unisco e me li canto in testa. Molte volte me li canto in testa finché non prende tutto forma, e delle volte mi immagino anche l’arrangiamento. Poi mi chiudo, perché io faccio tutto da solo, mi chiudo e mi metto lì con il computer e gli strumenti e registro una bozza di quella che era l’arrangiamento che avevo in testa. I suoni più sono belli dall’inizio più mi stimolano, mi stimolano la creatività, ad andare avanti, mi fanno venire altre idee anche per modificare il pezzo, preferisco avere già dei suoni buoni, però la canzone parte da un’idea.
Quando capisci che una canzone è sulla via giusta per finire su un disco o comunque per diventare una canzone da pubblicare?
Delle volte mi capita di scrivere cose che non mi piacciono per niente, però cerco di portarle avanti. Magari in un’altra fase, facendo un arrangiamento o suonandola e registrandola tutta, e riascoltandola magari il giorno dopo ti rendi conto che ti piace. Oppure quando fai un arrangiamento che ci va bene , ti rendi poi conto che effettivamente il pezzo ci sta. Quindi, che il pezzo inizialmente mi piaccia o meno io lo devo finire comunque, anche se poi è un pezzo che non ti piace ti serve magari anche per fare poi un pezzo che ti piace di più, perché fa parte del processo. Il fatto di fermarmi e cancellare una cosa mi blocca e magari mi demoralizza anche, invece fare qualcosa ti invoglia a fare. Fare è qualcosa che ti porta a fare.
Ci sono delle differenze sulle tempistiche con cui chiudi un pezzo?
Ci sono pezzi che ci metto tantissimo ma sempre spalmato nel tempo, nel senso non è che inizio un pezzo e ci lavoro lavoro lavoro e ci metto un anno. No, ci posso mettere un anno perché magari l’idea ancora non ha trovato la sua via, ma magari andando avanti, pensandoci prima un giorno poi una settimana dopo e poi magari dopo molto tempo, scatta qualcosa e allora poi lo chiudo in poco. Comunque la fase di chiusura è sempre molto breve. Però ci sono pezzi come Cuore, che è nato ed è stato chiuso subito, per cui magari mi è venuta un’idea e poi in 3 giorni l’ho chiuso. Quando succede così magari sono i pezzi che mi piacciono di più e forse arrivano di più, questo non lo so, ma sicuramente da parte mia quando succede così è perché sono convinto.
Parliamo di esperienze di vita. Tu ad esempio hai avuto esperienze come operaio, come metalmeccanico, quanto contano le esperienze di vita nella musica e quanto tu te le porti dentro?
Le esperienze di vita secondo me contano in tutto quello che fai. Quello che fai nella vita, in generale, si va tutto a riversare nella musica, perché qualsiasi esperienza fai ti forma e ti fa crescere, ti fa ragionare su delle cose, e quindi quando poi vai a fare musica, quando vai a fare una canzone, ci metti dentro quello che sei, almeno per come la concepisco io.
Bomba dischi, come sei venuto a contatto con loro e come spieghi il boom della scena Indie Pop? Ma soprattutto, ti senti parte di questa scena Indie Pop?
Mha, se considero l’insieme, alla fine, sì. Ma non c’ho mai pensato quando ho scritto i pezzi.
Mi hanno messo lì, ma per me importa che la gente ascolti quello che ho fatto. Mi ci rivedo perché non so dove altro potrei mettermi, perché non è una cosa così mainstream, magari è una cosa un po’ particolare con tutte le sue caratteristiche, non è una cosa così un po’ più standard come può essere un pop radiofonico con le sue regole, è una cosa un po’ a sé e diciamo. Alla fine l’indie può essere messo in quelle che cose che non sono standard.
Perché è scoppiata secondo te?
Perché la generazione è cambiata e come magari ai genitori piacevano altri tipi di musica, adesso ai ragazzi di oggi piace questa.
Quali sono le caratteristiche che apprezzi di più di un musicista?
Quello che apprezzo di più di un musicista di oggi sono l’autenticità e la personalità. A me hanno sempre attratto le personalità più che il brano che funziona o il brano che va di moda o anche quello scritto bene. Certo mi piacciono anche i brani scritti bene, però mi piace molto la personalità, quando sento che un artista ha la sua personalità mi piace. Quello che mi piace è quando ascolto un artista perché sento che ha una sua personalità, e se c’è quella particolare cosa che io voglio ascoltare allora devo ascoltare lui perché non la trovo da un’altra parte.
Senti invece, artisti che segui con interesse e a cui ti senti vicino in qualche modo? Italiani e non.
I miei artisti italiani, quelli che ascolto di più in assoluto: Battiato, è sempre quello che mi è piaciuto di più, poi mi piacciono cose forse strane per i contemporanei, mi piace molto Branduardi. Tutti e due li ho visti in concerto varie volte e sono quelli che ascolto di più, e penso che mi influenzano pure. Molti mi dicono che nelle sonorità dell’album ci vedono cose di Battiato. Io ci vedo cose di Branduardi nel modo un po’ giocoso quasi di filastrocca di alcuni testi, come può essere Cuore che potrebbe essere un po’ una filastrocca, e quello anche perché mi piace molto Branduardi. Secondo me ci sta l’influenza.
Subito prima del lockdown sei stato in tour in germania con Faber, raccontaci com’è andata e se ci sono esperienze che ti hanno colpito particolarmente? Spesso si dice che il pubblico in Germania è diverso dal pubblico in Italia, che impressione hai avuto?
Il tour con Faber, questo ragazzo svizzero che mi ha scritto su instagram dicendo: “ciao vieni a suonare con me mi piace, molto quello che fai!”, ed io subito: “sì”. La differenza… non essendo concerti miei, ma dei concerti dove ho fatto l’apertura, già l’impatto è diverso. In più il pubblico tedesco. Io penso che nelle mie canzoni il testo sia importante, anche se fortunatamente penso possano attirare l’attenzione anche per il sound, e questo penso che sia un punto a favore. Anche per questo sono stato molto contento, perché il pubblico è stato molto partecipe in quasi tutte le date, e ho avuto riscontri dopo ogni data, ho avuto dei bei riscontri de persone che magari mi scrivevano su Instagram. In particolare mi è piaciuto che, per quanto non si capisse il testo, in tutte le date, quando facevo Ricordi con chitarra e voce partivano gli accendini. Lì c’è qualcosa che è arrivato nonostante tutto e quello mi ha fatto piacere, sono rimasto proprio stupito.
Cosa consigli ad un ragazzo giovanissimo che inizia oggi il suo percorso musicale?
Consiglio sicuramente di fare anche sacrifici, di fare sacrifici e di crederci perché se non ci crede lui in prima persona come ci fa a credere un altro? Credici, sacrificati un po’’, datti da fare suona e fai tutto il necessario per emergere perché oggi ci stanno tantissimi che lo fanno, ma se qualcuno ha qualcosa dentro allora sicuramente andando avanti quel qualcosa viene fuori.
Progetti futuri?
Allora sicuramente il secondo disco, e poi adesso penso al secondo disco però mi piacerebbe anche scrivere canzoni in generale, anche non per me. Mi piacerebbe fare anche solamente l’autore, però è un’idea, vediamo.
Grazie Clavdio!
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