Stasera il festival dedicato alla creatività della scena indipendente in riviera romagnola. Intervista doppia ai protagonisti Capitano Merletti e Lebowski.
Punti di arrivo e di partenza. Come hai iniziato e dove ti stai dirigendo?
Capitano Merletti: Ho iniziato da giovanissimo il mio percorso musicale, studiando musica classica; pianoforte e composizione corale. Da adolescente ho suonato in varie punk rock bands. Ho gravitato in gruppi della scena underground come Chinasky e Maya Galattici, imparando a suonare molti strumenti e acquisendo praticità con le tecniche di registrazione.
Capitano Merletti è l’evoluzione da solista, la continuazione di tutte queste esperienze, è un contenitore dove posso scrivere e registrare le mie idee in completa autonomia.
Mi sto dirigendo verso delle canzoni con un colore più personale, un suono più mio.
Lebowski: I Lebowski nascono nei primi anni 2000 come quartetto, formato da Simone Re (voce), Marco Mancini (basso), Riccardo Franconi (chitarra) e Riccardo Latini (batteria). Dopo un periodo di prove assidue e primi lavori autoprodotti, nel 2008 abbiamo realizzato il nostro primo album “The best love songs…” con la regia di Giulio Ragno Favero. Nel 2011 Nicola Amici (sax, chitarra) è entrato a far parte della band e da lì sono seguiti gli altri tre full length: “Propaganda” (2012), “Disadottati” (2015) e l’ultimo “Cura Violenta” (2017). Nel mezzo abbiamo vissuto e condiviso tanti concerti in Italia ed Europa, serate, giornate e settimane ricche di esperienze piacevoli e stimolanti. Di base c’è una vera amicizia che ci lega e una passione viscerale per la musica. Non abbiamo mai fatto una programmazione a lungo termine ed abbiamo sempre cercato di vivere il presente, trasmettendo nei nostri brani ciò che in quel momento ritenevamo interessante ed attuale, magari con un linguaggio che ci siamo sforzati di rendere proprio e riconoscibile. Non sappiamo ancora quando ci metteremo al lavoro sul prossimo album, ma già abbiamo la consapevolezza che, come da nostra tradizione, sarà un’ulteriore evoluzione rispetto al precedente.
Se dovessi riassumere la tua filosofia in una frase, che frase sarebbe? E ovviamente perché?
Capitano Merletti: Music for Lovers and Aliens.
Perché in genere quello che scrivo ha riferimenti con la sfera personale dei sentimenti, amore non inteso semplicemente verso le persone ma anche nei confronti della natura, dello spazio, dei misteri dell’universo. Alieno perché mi sono sentito sempre così, un po’ diverso, ma anche perché mi piace immaginare la musica capace di varcare i confini terrestri.
Lebowski: Visto il nome, magari ti aspetti una frase con chiari richiami a teorie dudeiste o nichiliste… niente di tutto questo. E’ difficile riassumere in una frase tutti i complicati e a volte preoccupanti pensieri che ognuno di noi partorisce nella quotidianità, ed in più, cercare di elaborarci anche una filosofia… non vogliamo esserci quando accadrà! Cerchiamo solamente di fare il nostro meglio, tenendo sempre presente che a volte “sei tu che mangi l’orso e a volte è l’orso che mangia te“.
Come di solito scrivi i tuoi brani? Quando il materiale su cui stai lavorando diventa “brano”? Esiste un momento specifico nel tuo flusso?
Capitano Merletti: E’ abbastanza casuale, alle volte ho pronto un brano nel giro di pochi minuti, di solito lo registro col telefonino la prima volta che lo eseguo in maniera da tenere memoria dell’ispirazione più pura iniziale, poi ci lavoro su con le parole però l’ossatura rimane quella.
Altri brani sono più difficili, hanno bisogno del loro tempo dentro di me per maturare, alle volte sono io che non sono pronto a riceverli. Con l’eperienza ho imparato a non forzare questo processo per non rovinare tutto. E’ una cosa delicata.
Esiste un momento specifico nel flusso, certamente, ogni persona che crea qualcosa lo sa, arriva un momento in cui dici “ok, così va bene”, vale per ogni cosa, un pittore con una tela, un bambino con un disegno.
Lebowski: In realtà non esiste un iter specifico nella creazione di un brano, di un testo o della musica. Spesso capita che un embrione di musica venga fuori durante delle improvvisazioni fatte insieme, in cinque, mentre altre volte che derivi da un’evoluzione di uno spunto personale. La stesso discorso può essere fatto per i testi. Ad esempio fino al penultimo disco, principalmente mi occupavo io (Simone) della stesura e della metrica delle parti cantate, mentre ad esempio nell’ultimo album, la maggior parte di essi sono stati sviluppati condividendo insieme delle idee e sviluppandole quasi completamente in gruppo. Con questo voglio dire che siamo abbastanza aperti a qualsiasi soluzione. Per quanto riguarda invece il momento in cui un brano diventa brano, probabilmente è quando uno spunto genera quel senso di piacere d’ascolto condiviso in cui tutti ci riconosciamo, in questo modo prendiamo coscienza che quello spunto con tutta probabilità diverrà un brano.
A cosa un autore non dovrebbe mai rinunciare?
Capitano Merletti: A essere se stesso dentro quello che fa, non rinunciare alla propria ispirazione per seguire mode o scimmiottare quella band o quel movimento artistico.
Lebowski: Probabilmente non dovrebbe mai rinunciare alla sincerità. Nel senso che dovrebbe in ogni caso cercare di essere intellettualmente onesto e proporre con sincerità quello che sente, sia dal punto di vista del testo che da quello strettamente sonoro. Con questo non intendo assolutamente dire che sia necessario rimanere legati ad un modello o ad un metodo d’espressione già sperimentato in opere precedenti perché un’evoluzione artistica ed umana è tanto fisiologica quanto necessaria. Scelte più legate al marketing o alla tendenza del momento piuttosto che ad una reale necessità personale si ripercuotono per forza di cose nella creazione artistica che può spesso risultare stentata e/o forzata.
Scena italiana oggi. Che idea ti sei fatto?
Capitano Merletti: Nel 2018 è molto più semplice registrare e creare un progetto musicale, è più veloce pubblicarlo, c’è tantissima roba che gira, non tutta buona ovviamente. Però in questo modo vengono fuori dei talenti che altrimenti non sarebbero mai usciti, è il mezzo in sé che crea questi artisti. Magari loro nemmeno sanno di esserlo, però questo gira e influenza altre persone che a loro volta creano e restituisco altro. E’ punk, mi piace.
In Italia ci sono stati, ci sono e ci saranno artisti che non hanno nulla da invidiare alla scena internazionale, ancor meno in questi anni. E’ tutto più globale e interessante.
Di Italiani mi piacciono molto Hit-Kunle, Charles Wallace, Above the Tree & the E-Side, Wrongonyou, Edda.
Lebowski: Sebbene non sia evidentemente il miglior periodo per la musica “rock” in Italia, ci sono molti progetti interessanti nel panorama underground. Ad esempio, recentemente tornando da una data pugliese abbiamo ascoltato l’ultimo album di Giovanni Succi… meraviglioso! Speriamo che col tempo si ritrovi un po’ di voglia di scoprire ed ascoltare chi ha veramente qualcosa da dire, col suo linguaggio originale e distintivo, e che venga limitata la tendenza dei progetti fotocopia. Salvo rare eccezioni, purtroppo notiamo un’attitudine che premia poco chi cerca di fare qualcosa di nuovo rispetto a chi propone cose sentite e risentite. Non parliamo poi di tutto quello che è competizione: Sanremo, X-Factor, ecc. Competere con la musica è una cosa che non abbiamo mai capito e mai capiremo (come, del resto, i voti nelle recensioni dei dischi). Anche se può sembrare, non vogliamo essere polemici e questa non è una critica rivolta ad altre persone. Diciamo solo che siamo dispiaciuti che ci siano queste tendenze e che, oggi, siano la realtà con cui confrontarsi.
Area 51 Summer Festival: che tipo di live proporrai? Che cosa deve aspettarsi chi verrà a vederti dal vivo? Che cosa ti aspetti dal Festival?
Capitano Merletti: Il live sarà in duo questa volta, Capitano Merletti: voce, chitarra acustica ed elettrica. Al piano elettrico, violino e synth mi accompagnerà Jacopo Mazzer in arte Dnezzar.
Suoneremo venerdì 3 Agosto alle 20.00 circa quindi sul calare del sole, immaginatevi un live molto psichedelico e acustico in riva al mare, un po’ Barrett, ma anche molto San Francisco summer of love. Proporrò brani da “Shortwaves from the U.F.O. Channel”, il mio nuovo album appena uscito per Pipapop Records e qualche pezzo nuovo e inedito.
Il festival sarà una bella occasione per incontrare nuovo pubblico e ascoltare artisti e band interessanti e supportare Area 51 che mi ha sempre dato spazio e visibilità e a cui va un ringraziamento particolare.
Lebowski: Il concerto sarà principalmente incentrato sui brani del nostro ultimo “Cura Violenta”, dunque un live elettrico piuttosto ruvido ed aggressivo, con un sax free jazz oriented e qualche inserzione sintetica… speriamo sarà d’impatto per l’ascoltatore… Il nostro obiettivo è trascinarlo nei deliri del nostro immaginario notturno e urbano.
Dal festival ci aspettiamo una gran bella serata ed una festa collettiva, nella consapevolezza che sarà organizzato ad arte. Infatti conosciamo bene i ragazzi di Area51, è l’etichetta che ha pubblicato il nostro ultimo album. Sappiamo come lavorano e vi possiamo garantire che sono, oltre che belle persone, addetti ai lavori ultra meticolosi ed efficienti. Buon divertimento a tutti!
Perché Soundreef?
Capitano Merletti: Sono un ex iscritto S.I.A.E. perché ho iniziato a depositare quello che scrivevo molto tempo fa, quando non c’erano alternative; perchè lo volevano le etichette e si faceva così. Ho passato notti intere a scrivere manoscritti sul righo musicale, roba che non facevo da quando ero piccolo e studiavo Schubert, roba dell’ottocento.
Soundreef ha una piattoforma veloce, intuitiva; ci metti un secondo a registrarti, caricare un album intero e tac è registrato e tutto archiviato. E’ trasparente ed è una rivoluzione in Italia, aprirà nuovi orizzonti e spazi. Sono felice per tutti i giovani artisti che potranno utilizzarlo.
Lebowski: Perché non se ne può’ più della SIAE! Basta monopoli, basta con queste vecchie modalità di gestione farraginose e che premiano sempre gli artisti già affermati. Crediamo sia normale per un artista “emergente” (perdonateci questa definizione obbrobriosa ma piuttosto in voga) cercare chiarezza e concretezza nella gestione dei propri diritti.