Dopo essersi fatti notare in tutta Europa per il loro approccio musicale sporco, impulsivo e primordiale, i Veeblefetzer che hanno fatto di un interessante mix di reggae, rock’n’roll e manouche il proprio marchio di fabbrica decidono di affidarsi a Soundreef.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Andrea Cota, in arte Mondo Cane, deus ex machina del progetto, per scambiare alcune interessanti battute.
Ciao Andrea, come e quando nascono i Veeblefetzer?
Verso la fine del 2011 ci siamo incontrati strumenti alla mano per quello che era un esperimento sonoro. Incastrare due ottoni su una sezione ritmica minimale. Un trombettista, un susafonista (il susafono è una sorta di basso tuba da parata), un batterista ed un cantante chitarrista con in tasca una manciata di pezzi in inglese. Nel 2012 abbiamo pubblicato il nostro EP ‘The Truth Is Overrated’ a cui sono seguiti i primi concerti a Roma e in Italia. In questi quattro anni sono poi venuti i tour all’estero, il disco con l’etichetta Goodfellas e la collaborazione con Roy Paci. Il nome del gruppo nasce da un’antica parola di origini yiddish per descrivere un macchinario di cui non si capisce bene il funzionamento.
Scena Italiana oggi. Come vi sembra che si stia muovendo e quali sono a vostro avviso gli aspetti di maggior interesse della scena musicale nostrana?
Pur avendo un animo cosmopolita con orizzonti sonori che travalicano i nostri confini, tenterò l’analisi di quello che mi circonda più da vicino. Mi pare che le scene underground siano piene di creatività e facciano da bacino di pesca e da incubatore per quella pop e mainstream, un po’ come è sempre stato negli ultimi decenni d’altronde. Attualmente è in corso un ricambio generazionale notevole, una fase di svecchiamento successiva al grande trauma dell’industria discografica dei primi anni duemila. Esteticamente mi sembra si vada sempre più verso scelte minimali, musicisti one man band o poco più, che fanno di necessità virtù. Noto insomma vitalità, ma anche disimpegno e disillusione. Probabilmente c’è ancora molto da fare per alimentare l’industria culturale e stimolare negli ascoltatori una curiosità che non sia solo superficiale ma intensa e appassionata. Rimango in ogni caso un inguaribile ottimista, sia per il futuro degli artisti che per quello degli ascoltatori.
Italia vs resto d’Europa: avete partecipato a numerosi Festival in Europa. Quali sono a vostro avviso le maggiori differenze con i Festival presenti a casa nostra?
Una differenza spicca subito all’occhio. L’allestimento. Potrebbe sembrare un aspetto secondario, ma il fatto di dare un’impostazione estetica e visiva al festival riesce a trasformare quello che potrebbe essere una semplice scaletta di concerti in un’esperienza unica, totalizzante ed avvolgente. Parlo di palchi allestiti o addirittura costruiti ad hoc per l’evento, in cui ad esempio le tipiche strutture di metallo sono coperte da pannelli o istallazioni di vario tipo in base al concept del festival. Non tutti i festival dove sono stato sono così avanti in questo campo, ma lo sono sicuramente quelli che mi hanno lasciato più il segno. Una sorta di ‘burning-man-izzazione’ del concetto di festival (scusate.. l’ho detta grossa!). Altra differenza è l’attenzione del pubblico. Vestirò per un attimo il ruolo dell’esterofilo perché migliorare osservando le altre realtà trovo sia cosa buona e giusta. In Germania e in Inghilterra, i due principali paesi in cui abbiamo suonato al di fuori dell’Italia, spesso il concerto è il momento centrale della serata. La gente torna dalla chiacchierata con annessa sigaretta apposta per ascoltare la band di turno, e spesso lo fa pur non conoscendo le canzoni. Qui non sempre accade. Parlo sia di festival che di live club al chiuso.
Cosa vi auspichiate possa accadere nella scena musicale italiana nei prossimi anni? Cosa serve?
Spero possano essere sostenuti i locali dove si suona attraverso delle regolamentazioni più snelle. E’ responsabilità di chi gestisce l’educazione alla cultura in senso lato. Nel mondo che stiamo vivendo si è velocizzata estremamente la fruizione di tutte le opere artistiche, che siano musicali o altro, e rischia di sminuire il valore dell’impulso creativo che c’è dietro, spesso frutto di studio e lavoro. L’arte contemporanea dovrebbe essere più sostenuta a livello istituzionale, come nei modelli di governo nord europei.
Diritti d’autore. Perchè avete scelto Soundreef?
Scrivo testi e compongo musica da parecchi anni, sempre cercando di ragionare fuori dagli schemi mi sono sempre interessato alle forme alternative di gestione del diritto d’autore, come ad esempio i Creative Commons. Negli anni ho maturato la mia visione che vede come sacrosanta la proprietà intellettuale delle opere d’arte. Ma la gestione della SIAE di questi anni è stata inefficiente e piena di burocrazie assurde. E’ anacronistico e sadico dover compilare a penna il borderò compresi i propri dati ripetuti due volte! Soundreef ha finalmente aperto un varco, il che è ossigeno puro per il nostro ambiente lavorativo. La possibilità di avere il controllo analitico degli introiti, online sempre a disposizione, dopo anni di rendiconti fumosi e incomprensibili è il motivo principale per cui ho deciso di passare a Soundreef. Inoltre il minor costo del permesso a carico degli organizzatori è un incentivo a fare più concerti e a rivitalizzare le acque della musica dal vivo.
Grazie mille Andrea e in bocca al lupo!